PALERMO

Zenga e la nuova vita in Sicilia: «Palermo, ok City Group. Ma non bisogna sperperare soldi per calciatori che non servono»

In un’intervista esclusiva pubblicata oggi su Repubblica Palermo, Walter Zenga ripercorre il suo passato alla guida del Palermo di Maurizio Zamparini, una squadra che ha fatto sognare i tifosi con campioni come Miccoli, Cavani, e Pastore, e riflette sull’evoluzione del calcio moderno con la nuova proprietà araba del club.

Intervistato da Massimo Norrito, Zenga parla senza filtri della sua esperienza in rosanero, delle incomprensioni con Zamparini e della sua visione di successo per una squadra come il Palermo. Un mix di aneddoti personali, riflessioni sulla programmazione e consigli su come sfruttare al meglio i vantaggi della galassia City Football Group, di cui oggi il Palermo fa parte.

Era il Palermo di Zamparini, il Palermo che secondo lei avrebbe potuto vincere lo scudetto…
«E no, io non ho detto questo anche se poi i leoni da tastiera hanno iniziato a fare i fenomeni».

Perché, che ha detto? «Avevamo una grande squadra che dopo avrebbe fatto la finale di Coppa Italia e l’Europa League. Il mio parlare di scudetto era rivolto al fatto che con giocatori come Miccoli – faccio il suo nome perché era uno che avrei sempre voluto con me – non potevamo fare ancora i preliminari di Coppa Italia come era accaduto quell’anno. Il mio scudetto era arrivare nelle prime otto e restarci. Con giocatori come Cavani, Pastore, Miccoli, Balzaretti, Simplicio, Kiaer, Bovo, Migliaccio, Nocerino non potevi arrivare decimo. Per quelle parole mi hanno preso per il culo, ma a me non me ne frega niente. Il Palermo arrivò in Europa League e quindi vinse il suo scudetto».

Anche in quel caso programmava il futuro? «Sì, come quando ero a Catania e il primo anno ci siamo salvati con sette partite d’anticipo e poi i buoni risultati si sono ripetuti negli anni successivi con gente come Mihajlovic o Maran perché c’era una mentalità differente. Mentalità che costruisce l’allenatore».

La sua avventura a Palermo però non finì bene. «Quel Palermo all’inizio era privo di Liverani così dovetti adattare Simplicio play basso e inserire Pastore che ci aveva raggiunti solo in Austria per il ritiro. C’era bisogno di tempo eppure giocammo una partita pazzesca contro la Juve. Solo un folle può iniziare partita schierando quella squadra. Ma Zamparini aveva in mente Delio Rossi da un pezzo. Lo ha scritto anche Sabatini nel suo libro quando racconta che dopo la partita con la Juve, Zamparini gli disse che comunque mi avrebbe cambiato con Delio Rossi».

Il suo era il Palermo di Zamparini. Oggi è il Palermo dello sceicco che fa parte della galassia City. «In Serie A ormai quasi nessuna società è di un presidente italiano. Il mondo è cambiato. Bisogna adeguarsi, capire e seguire gli intendimenti dell’investitore. Essere nella galassia City per il Palermo è un grande vantaggio, ma bisogna avere gli uomini giusti al posto giusto e non sperperare i soldi con giocatori che non servono. Non ci vuole molto perché, in fondo, il calcio è sempre il gioco più semplice del mondo».

Published by
Redazione Ilovepalermocalcio