L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sul futuro di Zaniolo intervistando la madre.
«Rinasceremo insieme dalla cenere, mi sento un nodo alla gola». Sono le parole di Cenere, la canzone che Lazza ha portato al secondo posto al Festival di Sanremo. Ieri Francesca Costa, la mamma di Nicolò Zaniolo, ha pubblicato su Instagram un video in cui proprio Lazza, dopo la sua esibizione all’Ariston, scende in platea per consegnare i fiori alla madre. T ra i primi a commentare il post, con decine di cuori, c’è stato l’ormai ex attaccante della Roma, oggi al Galatasaray. Un segnale, l’ennesimo, di quanto i due siano legati. Sono cresciuti insieme, Francesca e il suo primogenito: hanno 22 anni di differenza e un rapporto che decine di interviste non potranno mai svelare fino in fondo. Quello che, invece, la signora Costa vuole svelare, o quantomeno provare a chiarire, è la sua versione della storia. Sua e della famiglia Zaniolo: Nicolò non parla perché in Turchia, in questo momento, ci sono cose ben più importanti di cui occuparsi, ma sua madre sì. Vuole farlo. Sente la necessità di raccontare «come sono andate le cose. Mio figlio non è un pazzo o un traditore, è stato fatto passare per quello che non è. E’ un ragazzo, avrà fatto i suoi errori come tutti, altri ne farà, ne faremo, ma non è quello che è stato dipinto in queste ultime settimane perché faceva comodo a qualcuno».
Partiamo dalla fine e cioè dal presente: come va a Istanbul? «È una città meravigliosa, una scoperta. Prima di venire qui ci eravamo documentati e avevamo visto che era una delle 25 città più belle al mondo. Ma, oggettivamente, non pensavamo così tanto. È meravigliosa».
Adesso tornerete in Italia per qualche giorno. «Sì, fino alla fine della settimana perché Nicolò ha qualche giorno libero e Benedetta (l’altra figlia, ndr) ha la scuola e una maturità da preparare. Poi, torneremo».
Anche lei? «All’inizio sì, poi io resterò più a La Spezia e ci sarà mio marito con lui. Ma tornerò spesso».
E la casa di Roma? «La stiamo liberando e organizzando il trasloco, non è facile. Ma la casa è di Nicolò, lui l’ha comprata e la terremo, magari affittandola. Devo anche risolvere la situazione animali…».
In che senso? «Ho tre cani, non hanno ancora il passaporto per venire qui. Il gatto, invece, lo lasciamo più tranquillo a La Spezia».
Un trasloco improvviso, insomma. «Dipende cosa intendiamo per improvviso. Nell’ultimo mese avevamo capito che a Roma era finita e che restare sarebbe stato impossibile, invivibile. Prima, invece, Nicolò, e quindi anche noi, pensavamo di fermarci a lungo».
Vogliamo ricostruire quello che è successo? «Sì, almeno spero che venga messo un punto a tutto questo».
Partiamo dal 25 maggio: Tirana, Roma-Feyenoord, Nicolò segna il gol decisivo per la vittoria della Conference.
«Una gioia infinita, solo a parlarne mi vengono le lacrime. I brividi. Siamo stati felicissimi, un sogno che ci ripagava di tante amarezze e delusioni».
Poi? «Poi succede che c’è la possibilità di pensare a cambiare aria, ne parliamo con la società che ci fa sapere una cosa: cinquanta o sessanta milioni, per loro, è il valore del ragazzo. Ma non arrivano offerte di quel tipo e lui resta, anche contento. Solo che si aspetta un rinnovo di contratto con cifre in linea con quella valutazione».
Rinnovo che non arriva. «No, mentre ad altri suoi compagni i contratti vengono fatti. Ma non è solo un problema di soldi».
E di cosa? Di rendimento? «Neppure. Nicolò, con il passare delle settimane, inizia a rendersi conto di non far più parte del progetto. La Roma gli comunica che a giugno lo vuole vendere, lui inizia a sentirsi messo da parte. E la luce si spenge».
Come? «Hanno raccontato che si è rifiutato di giocare per la Roma, che è un traditore, lo hanno preso per pazzo senza magari raccontare di quando ha giocato con le infiltrazioni per la spalla rotta. Non c’è stata correttezza nei suoi confronti da parte della società. Invece lui è stato male davvero: quando, a gennaio, non è stato convocato contro la Fiorentina era debole, tremava. Tutti i medici hanno riscontrato questa verità. Non so se fosse influenza o stress, ma mio figlio non stava bene».
Poi, però, non ha più giocato. «Una decisione presa con l’allenatore che non lo vedeva a posto. Ed era vero: Nicolò non stava bene, la luce si era spenta. E per un giocatore come lui questo fa tutta la differenza del mondo. Anche nei confronti dei tifosi. Anzi, questo è un aspetto a cui tengo molto».
Prego. «Né io, né mio figlio, né nessuno della mia famiglia ce l’ha con i tifosi. Noi saremo sempre grati ai romanisti, sempre rispettosi, questo voglio che sia chiaro. Le critiche ci stanno, ma non è colpa loro. Hanno creduto a quello che gli è stato raccontato» .
Nicolò, però, ha strappato la maglia contro il Genoa. «Altra bugia. Ma vi pare che si strappa la maglia? L’ha allargata come gesto di frustrazione per una sua prestazione non brillante e si è strappata. Niente di più. Lui la maglia della Roma l’ha solo baciata».
Cosa è successo con i tifosi che sono venuti sotto casa? «Abbiamo fatto una denuncia contro ignoti, vedremo. Io dico una cosa: se fossero stati dieci ragazzini, magari un po’ scemi e sopra le righe, non ci saremmo agitati tanto. Se ci siamo agitati è perché venivamo da giorni in cui ci veniva scritto di tutto: insulti, minacce di ogni tipo. Eravamo molto spaventati, la situazione era diventata insostenibile».
Perché Zaniolo ha prima detto no e poi sì al Bournemouth? «Voglio chiarire un aspetto: Nicolò si sarebbe ridotto l’ingaggio, o avrebbe chiesto gli stessi soldi della Roma, per il Milan o il Tottenham. Ma quelle società non hanno trovato l’accordo con il club giallorosso. A quel punto c’era il Bournemouth: non è vero che ci hanno offerto cinque milioni a stagione, ma quando mai».
Nicolò però si è rifiutato di incontrare i manager inglesi. «Io sono nel calcio da tempo, anche mio marito faceva il calciatore: le trattative le fanno gli agenti. E infatti il procuratore di mio figlio li ha incontrati».
Prima ha detto no, poi sì. «Questo è vero, ma quando li abbiamo richiamati loro avevano preso già un altro».
E a questo punto compare il Galatasaray. «Una scelta che è stata quasi immediata perché ci hanno fatto sentire subito fiducia e sostanza. Volevano Nicolò, volevano chiudere, non è stato difficile metterci d’accordo».
E adesso inizia la vostra nuova vita. «La vita è quella di Nicolò, non la mia, di mio marito. Perché anche questa è una cosa da specificare: noi lo supportiamo, ci confrontiamo, siamo i suoi genitori. Ma le scelte sono le sue, sempre».
I compagni della Roma si sono fatti sentire? «Poco, solo tre di loro. Però, lui ha sempre avuto un bel rapporto con tutti, peccato».
Cosa vi resta di Roma? «Una città meravigliosa, una squadra che abbiamo amato tanto e dei tifosi che hanno trattato mio figlio nel migliore dei modi. Sempre. Sostenendolo nei momenti peggiori, anche se quando leggo: “La Roma lo ha aspettato” mi viene un po’ da sorridere. E’ normale che lo aspettasse, era un tesserato del club. Si è fatto male giocando, mica andando a sciare. E poi ci resta un legame di quelli eterni, fortissimi (il piccolo Tommaso, figlio di Nicolò, ndr). Roma, per noi, sarà sempre speciale».
Come risponde a chi dice che Zaniolo prima era depresso e poi è andato al Galatasaray tutto sorridente? «Nicolò non stava bene per la situazione che si era venuta a creare intorno a lui, anzi che è stata creata intorno a lui. È chiaro che cambiando aria e iniziando una nuova avventura ora sta meglio. Per quanto, ora viviamo in una terra che è stata devastata da un terremoto. Le cose importanti della vita sono queste e noi siamo veramente tutti provati da quello che è successo in Turchia. Nicolò, e noi nel nostro piccolo, cercheremo di fare la nostra parte per poter essere ancora più utili».
Che farete adesso? «Cerchiamo casa, ne abbiamo viste alcune, qualche soluzione che ci piace c’è. Il tutto, lo ripeto, col massimo rispetto per chi qui sta vivendo l’inferno e una casa non ce l’ha più». Rinascere dalla Cenere, come canta Lazza.