“Nel romanzo a un certo punto un mafioso si lamenta delle cessioni di Biava, Morrone e Di Donato. Esprime la critica che personalmente muovo a Zamparini: il non essere riusciti a creare bandiere. Secondo te come mai questo accade? «Perché devono essere d’accordo entrambe le parti, giocatore e società. Ci vuole il contemporaneo accordo di tutti, ed è qualcosa che accade sempre più di rado». Cosa ti piace leggere? «Scelgo in base a ciò che mi incuriosisce in un determinato momento. Per esempio, di recente mi ha molto interessato il concetto di resilienza e ho letto qualche saggio di Pietro Trabucchi sull’argomento. Mi piacciono molto le biografie, soprattutto di personaggi sportivi: mi interessa scoprire la reale umanità dietro al personaggio pubblico. Mi è piaciuto molto “Open” di Agassi. Una biografia che ho adorato è “True” di Mike Tyson, di cui ho visto anche lo spettacolo teatrale, stupendo. Ti aspetti una storia pesante, incentrata sull’ego e invece scopri che Tyson ama prendersi in giro. Riesce ad essere autoironico, in modo sincero». Probabilmente dipende anche dal fatto che tutti i grandi pugili di colore si confrontano con il fantasma di Muhammad Alì, che era un maestro dell’autoironia. «Sicuramente. Mi è piaciuta moltissimo la biografia di Alì scritta da Gianni Minà. Piena di testimonianze dirette, momenti privati della sua vita. Ne viene fuori un ritratto straordinario. Mi piace conoscere la storia dietro alle cose. Ho letto diversi libri sulla mafia oltre al tuo. Ho letto “Per questo mi chiamo Giovanni” di Luigi Garlando. E restando a Palermo, “101 cose da fare a Palermo almeno una volta nella vita”»“. Questo quanto si legge nell’edizione odierna de “La Repubblica”.