Venezia, Vanoli: «Voglio costruire e lasciare qualcosa a questo club»

Intervistato da “TuttoVeneziaSport” Paolo Vanoli, tecnico del Venezia, ha parlato di vari temi.

Ecco le sue parole:

«Il bilancio è più che positivo. Sarò sincero: quando sono entrato non mi aspettavo tante difficoltà. Ogni mese ne saltava fuori una di nuova. Piano piano, e con l’arrivo del direttore, siamo un pochettino riusciti a far capire qual era la strada per uscire da queste difficoltà. Fortunatamente ci siamo riusciti però con tanto lavoro e tanto sacrificio. Questo è stato un po’ il segreto. Ne approfitto per ringraziare innanzitutto il club che mi ha sempre supportato e sopportato su ogni decisione. Dopo una settimana dal momento che ero qua ho chiesto alla società di farmi un regalo e loro hanno portato un direttore che aveva conoscenza ed esperienza. Ringrazio lui e poi il mio staff che si è messo con dedizione a lavorare ventiquattro ore su ventiquattro. E poi ringrazio tutte le persone che hanno capito le difficoltà e insieme hanno remato nella stessa direzione. Oggi si fanno i complimenti solo all’allenatore, ma dietro c’è un movimento importante. Detto questo, penso che quello che è successo non debba più accadere. Dobbiamo ripartire guardando gli errori che sono stati fatti e non ripeterli. E piano piano costruire qualcosa che faccia diventare fiera questa tifoseria e questa gente che penso che nell’ultimo mese sia stata la spinta più grande. Oltre a essere orgoglioso per il risultato sportivo, lo sono per aver fatto tornare un legame tra squadra e tifoseria. Mi ricordo la prima settimana quando sono venuti i tifosi a parlarmi; gli avevo promesso lavoro e sacrificio e che quando avrebbero visto la mia squadra in campo ne sarebbero potuti uscire fieri e orgogliosi. In questo senso va fatto un grande plauso anche ai giocatori perché hanno capito l’importanza di cosa significhi ritrovare i nostri tifosi. Voglio costruire qualcosa, tutto quello che sto facendo, anche se a volte può essere mal interpretato, lo faccio perché voglio lasciare qualcosa per cui chi dovesse arrivare dopo di me in un futuro potrà proseguire in modo sereno. Ho fatto tanta gavetta; fortunatamente ho visto grandissime realtà, soprattutto all’estero, e penso che la forza di un club in prospettiva futura debba diventare più importante di tutto. L’importante è che Paolo Vanoli in qualsiasi modo finisca si possa ringraziare per il lavoro fatto e per quello che ha lasciato. E’ sempre quello che ho detto al mio staff: noi dobbiamo entrare alle otto del mattino e uscire alle otto di sera perché siamo dei grandi professionisti e dobbiamo lasciare qualcosa di costruttivo a questo club».

«Sicuramente è stato un percorso molto difficile. Quando sono entrato c’erano delle difficoltà, poi sono arrivati inizialmente dei risultati che ci hanno un po’ portati a illuderci subito. Io vedevo che erano risultati fittizi: frutto solo del momento; dal cambio dell’allenatore che ha dato la scossa. Infatti, dopo, nelle partite più importanti, abbiamo di nuovo rallentato. Io nella mia vita ho imparato ad avere coraggio e voglio sempre una squadra che abbia un po’ la mia mentalità, che è quella di dare tutto e di lavorare. Io e il direttore ci siamo guardati negli occhi e abbiamo visto che c’era qualcosa da fare. Lo abbiamo fatto sul mercato: quello che ho chiesto al direttore era un giocatore importante che fosse un play e lui mi ha fatto subito il nome di Jajalo. In quel momento era una pedina fondamentale per far crescere tutti i giovani. Noi avevamo un centrocampo veramente giovane. Da li abbiamo iniziato a creare un gruppo, un nuovo lavoro, non senza tante difficoltà. Giocare a calcio come abbiamo fatto noi, creare delle situazioni ed essere in fondo alla classifica, io penso sia la cosa più difficile. Il risultato conta così come i punti. La settimana più difficile è stata quella in cui in tre giorni ho perso per due brutti infortuni un uomo che per me era una pedina importante come Jajalo e un’altra pedina che avevo preso per rafforzare il gruppo che era Beghetto. Non l’ho detto a nessuno, ma quelli sono stati dei giorni veramente difficili. Vedevo che la squadra stava salendo e avevo paura che potessero avere un contraccolpo psicologico. Penso che il capolavoro sia stato quello di riuscire con il lavoro e credendo nei giovani, dandoli la responsabilità. Scegliere Tessmann in quel ruolo è stata la chiave in questa seconda parte. I ragazzi sono stati bravi a capirlo. Io sono diventato ancora più severo per evitare altri alibi. Perché quando sono entrato la parola che più c’era in questa società era “alibi”. Sono stati veramente bravi. Sono orgoglioso di questi ragazzi perché da quel momento siamo diventati veramente squadra. Abbiamo combattuto e io gli ho sempre detto cosa ci hanno chiesto i tifosi, ovvero di andare in campo e dare tutto per questa maglia: i risultati saranno una conseguenza, ma noi dovremmo dimostrare questo. Per fare questo bisogna lavorare tutti i giorni ancora di più. La domenica è lo specchio della settimana: se non vai forte durante la settimana non puoi andare forte la domenica. E devo dire che nella seconda parte di stagione i ragazzi sono veramente andati forte. Poi devo dire che sto dormendo poco perché la partita con il Cagliari mi ha lasciato un po’ di fastidio. Perché eravamo una squadra in salute. Ci è mancata la gestione della partita contro una squadra esperta. È uscita un po’ la nostra ingenuità, ma vedere poi il secondo tempo che hanno fatto. Ho detto ai ragazzi di uscire a testa alta»