L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sulla questione relativa al vecchio Palermo e all’assoluzione di Giammarva.
Il fatto, cioè le false comunicazioni alla Covisoc, non sussiste e la corte di appello di Palermo ha assolto l’ex presidente del Palermo Giovanni Giammarva. I giudici hanno ribaltato la sentenza di condanna in primo grado a 8 mesi e dieci giorni per il professionista, presidente per pochi mesi della vecchia società di Maurizio Zamparini. A giugno del 2020 Giammarva era stato condannato con rito abbreviato in un processo che è un tranche del procedimento che vedeva imputato anche lo stesso Zamparini, accusato di falso in bilancio e false comunicazioni sociali agli organi di vigilanza.
La corte ha rigettato l’impianto della procura, secondo il quale Giammarva, da presidente del Palermo, avrebbe concorso a rappresentare alla Covisoc una falsa situazione patrimoniale della società. «Aspettiamo le motivazioni della sentenza, ma si tratta di un’assoluzione piena che mina l’impianto accusatorio e che potrebbe influire anche sul processo che vedeva imputato anche Zamparini sulla vicenda del fallimento del Palermo – dice l’avvocato Antonino Gattuso, che ha difeso Giammarva – L’ostacolo alla Covisoc non c’è stato, come abbiamo sempre sostenuto. C’è stato invece un accanimento giudiziario nei confronti del Palermo di Zamparini, come ha affermato in un’intervista proprio a “Repubblica” lo stesso ex procuratore antimafia Piero Grasso». Tesi ribadita dallo stesso Giammarva, che si toglie qualche sassolino dalla scarpa: «Ho avuto un danno personale, morale e professionale, anche perché sono stato per 30 anni uno dei consulenti principali della stessa procura – dice Giammarva – È evidente che in questa indagine c’è stato un certo accanimento».
La vicenda risale al periodo che precede e si intreccia al fallimento del Palermo dell’ottobre del 2019. Giammarva era stato presidente tra il novembre del 2017 e l’agosto del 2018, nel periodo in cui, secondo la procura, Zamparini avrebbe simulato la cessione del marchio del club alla Mepal-Alyssa, cercando di far figurare un credito inesistente per 40 milioni di euro. Secondo la tesi dell’accusa Giammarva non poteva non capire cosa accadeva attorno alla società e per questo era accusato di aver concorso nel rappresentare alla Covisoc una falsa situazione patrimoniale. Un impianto è stato completamente ribaltato dalla sentenza della Corte d’appello.