Varela: «Palermo è una piazza da Serie A, merita grandi palcoscenici»
A volte arriva il momento di lasciare il campo e guardare al futuro con occhi nuovi. Per Ignacio Lores Varela, classe ’91, quel momento è arrivato. L’ex centrocampista uruguaiano, protagonista di un percorso calcistico che lo ha portato dall’Uruguay all’Italia, ha deciso di appendere gli scarpini al chiodo per avvicinarsi a una nuova carriera nel mondo dirigenziale. L’ex rosanero Lores racconta ad Alessio Alaimo su TuttoMercatoWeb le tappe di una carriera che lo ha visto esordire in Serie A con il Palermo e raggiungere traguardi importanti a fianco di allenatori come Gennaro Gattuso, passando per città come Pisa, Ascoli e Taranto, fino al recente ritorno in Toscana con il Siena. Oggi, più che mai, Ignacio Lores Varela guarda avanti: con la passione per il calcio ancora viva, sogna di intraprendere il percorso di direttore sportivo, seguendo l’esempio di maestri come Giorgio Perinetti e Stefano Marchetti.
Lores, perché dice basta a trentatré anni?
«Fisicamente avrei potuto continuare giocare, ma mentalmente avevo bisogno di altri obiettivi e nuovi sogni. Sentivo dentro la voglia di cominciare un nuovo percorso. Farò l’esame da direttore sportivo, una figura che mi ha sempre appassionato».
Domenica 27 ottobre, Taranto-Turris. Cosa le è passato per la mente al fischio finale?
«Tutti gli anni della mia carriera. Dall’arrivo a Palermo in Serie A da ragazzino ad oggi. Ho ripensato a tutti i momenti, ai miei ex compagni, i direttori, gli allenatori incontrati. Ma ho ragionato con il cuore: ho dato tutto, era il momento giusto per dire basta».
Il momento più bello della sua carriera?
«Ho avuto la fortuna di giocare con campioni veri. Ma la mia carriera è stata tutta bella. Sono arrivato in Italia che ero un ragazzino e non sapevo neanche parlare italiano. E oggi voglio rimanere qui in un’altra veste. Ho voglia di vivere ancora di calcio. Se devo citare un momento in particolare, sicuramente quello più bello è stato aver centrato la promozione con il Pisa. Un momento magico».
L’allenatore che le ha dato di più?
«Gattuso che ho avuto sia a Palermo che al Pisa dove abbiamo centrato un grande traguardo. Ma anche Diego López al Penarol. E avrei voluto lavorare di più con Gautieri e il suo staff, perché al Taranto si sono dimostrati grandi professionisti e grandi uomini. Gli augurerò sempre il meglio. Il mister oggi sta facendo più del dovuto».
Cosa è successo nei momenti successivi al fischio finale di Taranto-Turris?
«Ho fatto un discorso a fine partita, alla squadra e al mister. Mi è dispiaciuto smettere perché uno quando inizia a giocare pensa che non smetterà mai. Lascio due anni di contratto, mi sono sentito parte di una famiglia. Ma guardandomi dentro ho capito che non avevo altro da dare».
E adesso c’è il futuro. Sempre nel calcio. Sta studiando da dirigente.
«Vorrei iniziare un percorso da direttore sportivo. È una figura che mi è sempre piaciuta per come viene interpretata in Italia, sia per il modo di gestire che di guardare il calcio. A dicembre sosterrò l’esame. Intanto andrò a vedere partite, mi piacerebbe imparare al fianco di un dirigente più esperto».
Il suo modello?
«Giorgio Perinetti. È storia, tradizione, vittorie. Per lui parlano i campionati vinti. L’ho vissuto da vicino in più occasioni, da Palermo a Siena fino ad Avellino. È un modello da seguire, il sogno per il futuro è diventare un direttore di grande livello come lui. Ho avuto la fortuna di conoscere anche Stefano Marchetti a Cittadella, vive il calcio in maniera viscerale e mi ha trasmesso tanto, lo vedo un po’ come il Francesco Totti dei direttori: tutti sanno che potrebbe fare la Serie A ma ha il suo sogno con il Cittadella, un esempio per tutti. Guarda molto calcio, conosce tutti i calciatori di tutte le categorie.
Quando sono arrivato in Italia ho conosciuto Sean Sogliano, un altro dirigente di livello. Ma ritengo un modello da seguire anche Luca Cattani che ho conosciuto a Palermo e ha scoperto tanti calciatori: sta dietro le quinte, ma chi fa calcio sa come lavora e che calciatori di grande livello ha scoperto. Ho avuto modo di apprezzare anche Pierfrancesco Strano a Siena ed Avellino al fianco di Perinetti: un altro dirigente che ama lavorare nell’ombra e fare i fatti, andando alla ricerca di calciatori senza troppe luci della ribalta».
Ah, domenica c’è Palermo-Cittadella. Lei e doppio ex.
«Palermo è una piazza da Serie A, merita grandi palcoscenici. Cittadella è una piazza storica che da anni in termini calcistici è la perfezione tecnica ed economica. Come detto, Stefano Marchetti è un modello da seguire».
Che Taranto lascia?
«La piazza, la città e il gruppo sono davvero belli. La situazione non è facile ma è stata bella esperienza. Ho trovato un gruppo di ragazzi stupendo: tutti si sono dimostrati uomini anche nelle difficoltà. Mi spezza il cuore lasciare i ragazzi, il mister e il suo staff. Chi vive il Taranto da dentro sa che questi uomini stanno dando tutto per la causa. E spero che la squadra si salvi».