Vannucchi: «Amo la pesca, a Palermo mi guardarono come un alieno. Zamparini e il mago…»
Ighli Vannucchi, l’ex fantasista del Palermo, si racconta in un’intervista esclusiva rilasciata a Francesco Pietrella per La Gazzetta dello Sport, disponibile oggi in edicola.
Nel corso della chiacchierata, Vannucchi ripercorre la sua carriera, tra aneddoti curiosi e momenti indimenticabili, come le punizioni a foglia morta che facevano impazzire i tifosi e il legame speciale con Empoli, dove ha vissuto alcune delle sue stagioni migliori.
Dai suoi esordi alla Lucchese fino ai successi con l’Empoli e al periodo a Palermo, Vannucchi non si risparmia, raccontando anche retroscena inediti come la passione per la pesca e l’incontro surreale con un mago suggerito dall’ex presidente Zamparini.
Oggi, lontano dai campi, Vannucchi ha trovato una nuova dimensione tra famiglia, pesca e un negozio di abbigliamento, ma senza dimenticare la magia del calcio che l’ha reso celebre.
Peter Pan s’è fatto grande. Oggi veste bene, su misura, con il maglione di cachemire e le scarpe lucide. Ha infilato in un cassetto le scarpette e le dozzine di “tutine” sfoggiate in giro per l’Italia. Quella che l’ha reso famoso era bianca e blu.
«Sono stato un “baggino”. Il piccolo Baggio di Empoli che ha giocato per far contenti i tifosi. Come Roby».
Ighli Vannucchi risponde da Lucca, casa sua, la città che gli ha regalato The Last Dance a 47 anni tra le fila del Pieve San Paolo, in Terza Categoria. Oggi ha un negozio d’abbigliamento in centro e continua a spostarsi tra laghi e fiumi per pescare, la sua passione più grande.
Cosa le dissero a Palermo quando si presentò con la canna da pesca in ritiro?
«Mi guardarono come un alieno. Dopo cena infatti andai in un ruscello a pescare, che pace. Era un antistress. Prima delle partite uscivo di notte per fare delle gare con i tifosi o coi magazzinieri».
Una volta disse: “Gli altri scappavano per andare a donne, io uscivo a pescare”.
«A Empoli mi divertivo sull’Arno, vicino al Castellani, e a volte venivano anche i compagni».
Alla fine, l’hobby si è trasformato in una professione.
«Io e Gianfranco Monti, il mio socio, giriamo l’Italia filmando. Oggi il nostro canale YouTube, Buonapesca, ha quasi 15mila iscritti. Il segreto è divertirsi».
Come in campo, del resto.
«Ho smesso di giocare a quasi cinquant’anni dopo aver vinto i playoff per salire in Seconda Categoria. E l’ho fatto con mio figlio. Il calcio è passione, divertimento e regole. A Lucca, in Serie B, se osavi entrare in doccia prima dei veterani venivi sbattuto fuori».
Un flash dal debutto?
«Novembre 1996, Stadio Adriatico, Pescara-Lucchese. Avevo 19 anni, ero sbarbato ed esuberante. Avevo appena fatto il militare insieme a Totò Di Natale, che palleggiava con le arance come Maradona. Provai un tunnel al primo pallone. Perdevamo 2-0, i compagni mi massacrarono».
Dopo Salerno, Venezia. Dove pensò di smettere.
«Avevo smarrito la magia del calcio».
Come mai?
«Facevo l’ala, ma… Mi sentivo infelice, braccato, deluso. Lo dissi a Iachini e poi a Zamparini, che quell’anno ne combinò una delle sue…».
Ci racconti.
«Una seduta con un mago. Ad alcuni giocatori disse di sotterrare delle cose in campo…».
Cos’è che la lega così tanto al Castellani?
«Ero libero e spensierato. Nel 2007, il mio anno migliore, mi voleva l’Inter, ma dissi al mio agente che non volevo saperne nulla. Alla fine, però, mi sono sentito tradito. Avrei meritato un trattamento diverso. Soprattutto dopo 7 anni e quasi 300 partite».
Il ricordo più bello?
«La qualificazione ai preliminari di Coppa Uefa nel 2007 e le punizioni a foglia morta. Una volta segnai a Toldo e Recoba corse per darmi il cinque».
Segue ancora il calcio?
«No, non mi piace più. È diventato scontato, noioso. Ci sono tanti atleti, ma nessun campione».
Vannucchi come Peter Pan: ci può stare?
«Mi ci rivedo. A volte il mio essere disincantato era visto male, come se fossi un fannullone».
Uno con cui non si è mai preso?
«Silvio Baldini. Non mi piacevano i suoi modi di fare, l’ho vissuta male. Mi ritrovai da leggenda a galoppino, odiato da tutti, ma ne uscii a testa alta».
Un sogno infranto?
«La Nazionale. Nel 2007 meritavo una chance».
Cos’è che la rende felice, oggi?
«La famiglia e una canna da pesca. Che pace».