Le indagini proseguono sotto traccia da parecchi mesi. Il sospetto è che ci sia di mezzo un altro magistrato. Qualcuno avrebbe messo al corrente Maurizio Zamparini dell’imminente arresto. Stando a quanto riferito da “Livesicilia.it”, la Procura di Caltanissetta, competente quando si indaga sulle toghe in servizio a Palermo, ha delegato gli accertamenti ai finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria. Si tratta degli stessi investigatori che si sono occupati delle già note vicende giudiziarie legate all’ex patron rosanero. Il 2 maggio del 2018 le microspie registrano l’allora presidente della società di viale del Fante Giovanni Giammarva mentre parla con Zamparini: “… senti, io oggi sono dalle tue parti… riusciamo a vederci”. Prendono un appuntamento per la sera. Giammarva atterra alle 18:30 a Milano Linate. Due ore dopo il suo telefono aggancia la cella telefonica di Vergiate, Varese, dove abita Zamparini. Il giorno dopo, il 3 maggio, con un comunicato l’Us Città di Palermo rende noto che Zamparini si è dimesso da consigliere delegato. Il 7 maggio il giudice per le indagini preliminari Fabrizio Anfuso rigetta la richiesta di arresto del patron friulano perché non ci sono le esigenze cautelari. Le dimissioni di Zamparini, di fatto, hanno evitato evitato l’ordinanza di custodia cautelare. Agli arresti domiciliari Zamparini ci sarebbe finito nove mesi dopo, e cioè nel gennaio scorso quando la Cassazione rese definitiva la decisione del Tribunale del Riesame che aveva accolto il ricorso dei pubblici ministeri contro il no all’arresto. Nel corso dell’indagine sulla procedura fallimentare del Palermo sono emersi i contatti fra Anfuso e Giuseppe Sidoti, il magistrato che respinse l’istanza di fallimento avanzata dalla Procura della Repubblica. “Normale interlocuzione fra colleghi”, ha scritto il Riesame di Caltanissetta, spiegando che il provvedimento di Sidoti era legittimo. Le indagini non si sono mai fermate. L’ipotesi è che la talpa che avrebbe messo in guardia Zamparini non sia stata ancora individuata.