Un Segre(to) rosanero: «Torno in serie A con il Palermo, pensiamo in grande»
L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” riporta un’intervista a Jacopo Segre direttamente dal ritiro di Manchester del Palermo.
Ecco qualche estratto:
«Ritiro a Manchester un’esperienza eccezionale che ogni giocatore desidera fare da quando è ragazzino. Venire qui è una soddisfazione personale e di società, ti fa capire l’importanza di questo club, del loro gruppo, anche nei particolari, dall’erba dei campi curatissima all’ordine e alla pulizia degli spazi. Dobbiamo lavorare tanto per arrivare a certi livelli. Poi oggi (ieri, ndr) abbiamo fatto il tour dell’Etihad, lo stadio del City, e sono rimasto colpito: qui sono un passo in avanti rispetto all’Italia, al top mondiale. Lo stadio è il simbolo della modernità ed efficienza, dagli spogliatoi al museo, non ci sono aggettivi per descriverlo. “La cessione? Una scelta del Torino, ma quando mi ha cercato il Palermo ho detto subito sì perché la società e la città sono ambiziose, pensano in grande. Sono treni che non capitano tutta la vita, specie questo, è stata un’emozione. Mio ruolo? La mia posizione preferita? In un centrocampo a 3, da mezzala. A Perugia giocavamo a 2 in mediana l’anno scorso, però preferisco la mezzala destra. I miei eroi da ragazzino? A Milanello ho avuto la fortuna di vedere Kakà da vicino, ho fatto il raccattapalle a San Siro, era un bel vedere. Poi ho conosciuto Beckham per la presentazione di uno spot, all’epoca giocavo a Piacenza ma David non sapeva neanche dove fosse… Sì, Kakà era un 10, però mi piaceva la sua falcata elegante, la sua classe, mi ispiravo a lui, la sua sportività. Oggi mi piace Barella. All’estero… De Bruyne e Gundogan. Ma io vedo di tutto dalla C all’estero, anche se devo studiare, mi mancano 6 esami alla Laurea. Obiettivi? Palermo neopromossa ambiziosa, come si concilia il tutto? Con umiltà e voglia di lavorare. La B è un torneo difficile, con tanti club che vogliono salire. Ed equilibrato: puoi vincere col Genoa e perdere ovunque. Dobbiamo lavorare per migliorarci. L’ambizione ci spinge a dare tanto. I playoff? Perché no. Se dobbiamo sognare, meglio non porsi limiti…».