Come si legge su “Calcio & Finanza” quella della multiproprietà è una tendenza in rapida crescita nell’ecosistema finanziario del calcio, con un numero crescente di esempi osservati in tutto il mondo. Nella sua nuova edizione del “The European Club Footballing Landscape”, recentemente pubblicata, la UEFA ha preso in esame i soci di maggioranza (ovvero gli investitori con più del 50% delle quote) e gli azionisti di minoranza che detengono anche quote di altri club (anche al di fuori dell’Europa).
La “multiproprietà” è definita come «una situazione in cui una parte esercita il controllo e/o un’influenza determinante su più di un club, mentre l’investimento “multi-club” si riferisce a una situazione in cui una parte ha investimenti o interessi in più di un club (senza esercitare controllo o influenza). I proprietari o gli investitori sono solitamente persone fisiche o fondi di investimento; tuttavia, possono anche essere altri tipi di entità (ad es. entità commerciali), che possono o meno avere interessi commerciali allineati con quelli del/dei club in questione. In alcuni casi, un club stesso può esercitare un’influenza decisiva su altri club o addirittura possederli», spiega la UEFA nel suo report. Una situazione che preoccupa la Federcalcio europea. «L’aumento degli investimenti multi-club potrebbe rappresentare una minaccia concreta per l’integrità delle competizioni europee per club, con un rischio crescente di vedere due club con lo stesso proprietario o investitore uno di fronte all’altro in campo. Circa due terzi di tutte le federazioni nazionali hanno regole che limitano o restringono direttamente la proprietà di più club a livello nazionale».
«Tali restrizioni vanno da un limite alla dimensione delle partecipazioni (in base al quale una partecipazione in un secondo club non può superare un certo livello, ad esempio il 10%) a un divieto totale di possedere azioni in più di un club all’interno del campionato/Paese in questione. Inoltre, ci sono 11 Paesi che non hanno regole specifiche sulla proprietà di più club, ma hanno regole più ampie che limitano o vietano gli investimenti privati nei club. Nel frattempo, nelle Isole Faroe, Liechtenstein e Montenegro, la maggior parte o tutti i club sono sotto forma di associazioni, il che in pratica limita gli investimenti privati in tali club», spiega la UEFA nel suo report.
Una combinazione di fattori macroeconomici e tendenze di investimento globali ha portato a un forte aumento degli investimenti e delle multiproprietà negli ultimi anni. Basti pensare che alla fine del 2022, lo UEFA Intelligence Center ha identificato più di 180 club in tutto il mondo che facevano parte di una struttura di investimento multi-club, rispetto ai meno di 100 club di quattro anni fa e ai meno di 40 del 2012. Dopo un leggero indebolimento della crescita nel 2020 a causa della pandemia, gli investimenti multi-club sono aumentati ulteriormente negli ultimi due anni, rendendo questa una delle tendenze più importanti negli investimenti legati al calcio.
Questa tendenza è alimentata prevalentemente da investitori con sede negli Stati Uniti, con 27 gruppi di investimento multi-club (un terzo del numero totale) originari degli USA. Il ritmo con cui gli investitori statunitensi hanno rilevato i club che utilizzano strutture multi-club è aumentato notevolmente negli ultimi due anni, passando da meno di cinque investimenti all’anno prima del 2019 a più di 15 nel 2021 e nel 2022. Questa ondata di investimenti privati può essere valutata nel crescente numero di fondi di investimento coinvolti nelle operazioni di calcio. Molti investitori sono attualmente in corsa per investire in club che sono percepiti come risorse sottovalutate con prospettive di crescita forti e costanti. È probabile che questi gruppi e fondi investano in più squadre in diversi campionati.
La crescita degli investimenti multi-club ha inoltre «il potenziale per distorcere l’attività sul mercato dei trasferimenti, con una percentuale crescente di operazioni eseguite all’interno di club appartenenti agli stessi gruppi a prezzi adattati agli investitori, piuttosto che a valori equi, a scapito dei club che li hanno formati (che ricevono meno indennità sotto forma di contributi di solidarietà)», spiega la UEFA. La maggior parte dei movimenti di giocatori all’interno delle multiproprietà avviene tramite “trasferimenti gratuiti” o prestiti, il che significa che non vengono pagate commissioni. «Abbiamo assistito a un costante aumento dell’attività di trasferimento all’interno di tali gruppi negli ultimi dieci anni. È evidente che l’attività di trasferimento è aumentata durante la pandemia, nel bel mezzo di un mercato altrimenti in forte deterioramento. La maggior parte degli investitori incrociati registra costantemente alcuni trasferimenti all’interno del proprio gruppo ogni anno, mentre alcuni gruppi si affidano prevalentemente a prestiti interni o trasferimenti gratuiti per migliorare le proprie squadre ogni anno», conclude la UEFA.