Tuttosport: “Tra quatto anni il nuovo Mondiale. Pronte 48 nazionali e 80 gare”
L’edizione odierna di Tuttosport si sofferma sul prossimo Mondiale, quello del 2026 che avrà 48 nazioni e 80 gare.
Sedici città, sedici stadi, tre Paesi. United 2026 sarà il primo Mondiale con 48 squadre e ben 80 partite, un gigantismo del quale solo Infantino , e la sua brama di rielezione, sentiva la mancanza e che condizionerà tutte le scelte future nell’assegnazione dei prossimi tornei iridati, a partire da quello del centenario del 2030. Le stime, pre pandemia, parlavano di 5,8 milioni di biglietti venduti per 2,1 miliardi di dollari.
L’assegnazione della Coppa del Mondo nel 1988 è stata la scintilla che ha portato il soccer fino a qui. Quando gli Stati Uniti batterono il Marocco per ospitare quella del 1994, la Nasl era già fallita e nessun’altra delle leghe presenti aveva ottenuto il riconoscimento della federazione, ma il Mondiale in casa portò alla fondazione della Mls – 17 dicembre 1993 –, con l’idea di partire nel 1995 con dodici squadre: partirà nel 1996 con dieci club partecipanti e il salary cap, cioè un tetto agli ingaggi dei calciatori, per evitare la fine economica della Nasl. In quegli anni i praticanti erano circa 16 milioni, per lo più giovani, in maggioranza donne, che lo giocavano al college.
A quattro anni di distanza dal secondo Mondiale che gli Stati Uniti ospiteranno nella loro storia i praticanti sono diventati 25 milioni, 35 se consideriamo anche Canada e Messico – gli altri due Paesi ospitanti – e la Major League Soccer è un campionato chiuso che in questi ventisei anni è cresciuto sia dal punto di vista economico che sportivo. Con una forte dicotomia tra maschi e femmine: queste campionesse mondiali in carica, mentre i primi nel 2018 non si sono qualificati per il Mondiale russo, dopo sette qualificazioni consecutive e i quarti di finale del 2002. La nazionale femminile ha vinto ben quattro titoli iridati, altrettante medaglie d’oro ai Giochi Olimpici e nove Coppe Concacaf. Quella maschile vanta solamente sette Gold Cup.
United 2026, però, non è solo questo. Nella sua assegnazione c’è sia un elemento di continuità sia uno di discontinuità. Partendo dal secondo, è chiaro che l’asse geopolitico del calcio dopo la corruzione che ha portato alle due precedenti assegnazioni, e a tutto quello che il Qatar rappresenta – tra diritti negati e operai morti –, si è spostato a Occidente, un interesse che gli statunitensi hanno nutrito schierandosi apertamente contro quelle scelte e diventando i censori di certi comportamenti – leggasi Fifa Files –; una democrazia dopo un’autocrazia e una monarchia. La continuità, invece, nell’assegnarlo a un Paese che non ha problemi economici e infrastrutturali, a differenza di Brasile e Sud Africa che pagano ancora le conseguenze socioeconomiche per avere ospitato la fase finale di un Mondiale. Lo ha scritto bene Lorenzo Longhi nella newsletter The SpoRt Light: in futuro, per reggere la concorrenza e ospitare un Mondiale affetto da insano gigantismo, saranno vincenti le candidature congiunte, United forever.