L’edizione odierna di Tuttosport si sofferma sulla storia di Paolo Passarini giovane tecnico che allena in Arabia.
Da grafico pubblicitario ad allenatore di una squadra che sogna in grande. Da un contratto a tempo indeterminato a un ingaggio annuale. Dalle divisioni minori regionali italiane all’Arabia Saudita. La storia di Paolo Passarini, giovane tecnico che nella stagione appena trascorsa ha guidato l’Aurora Treia, in Promozione, sembra uscita da uno di quei film americani (anche se in questo caso, forse, sarebbe meglio dire arabi) che esalta l’abnegazione, il sacrificio, la voglia di non mollare mai e del crederci sempre. Per un sogno chiamato pallone. Col quarantacinquenne che a metà mese volerà a Riad e inizierà il suo incarico con l’Afif Club, società della Seconda Divisione, che equivale alla nostra Lega Pro.
Passarini, da dove nasce questa opportunità? «I dirigenti del mio nuovo club vogliono cambiare la filosofia della propria squadra, nonostante siano reduci da un’annata positiva, dato che sono saliti di categoria. Hanno apprezzato l’identità del gioco dell’Aurora Treia e ora sperano chiaramente che io possa ripetere quel lavoro».
Un passo non indifferente. «Mi piacciono le sfide difficili. Credo anche che cimentarmi ad un livello più elevato, possa mettermi alla prova ed alzare anche il mio di livello. Non ho paura, nonostante questo grande salto».
Lei sino a pochi mesi fa era (anche) un grafico pubblicitario. «Sì, in una ditta delle mie parti. Ora allenare sarà il mio unico mestiere. Non vedo l’ora di poter strutturare le mie forze sull’allenamento e sulla costruzione di un’annata, dando tutto me stesso. È uno stimolo enorme. Studio ogni giorno per capire come approcciarmi al meglio a questa occasione, voglio esprimersi al 100%».
Ora non si torna indietro. «Ho dato le dimissioni dalla ditta, anche perché per l’aspettativa ci vuole un motivo valido e non mi sembrava giusto tenere quel posto lì vacante».
Una decisione non da tutti. «Io non sono mai stato uno da posto fisso, anche se lavoravo nella stessa azienda da quindici anni. Ho sempre visto la vita come una serie di opportunità da cogliere. In Promozione, per quanto una possa fare bene, è difficile avere un’occasione così importante. A me è capitata per bravura, ma soprattutto per caso. E allora cerchiamo di sfruttarla».
I dirigenti dell’Afif Club erano venuti a visionare un suo calciatore. «Esattamente, il romeno Petrisor Voinea. A lui poi hanno chiesto cosa pensasse di me e del mio lavoro. Sa, è un attaccante che ha girato tutto il mondo e ne ha visti di allenatori. Da cosa nasce cosa, abbiamo condiviso delle idee col manager arabo e ora eccoci qui».
Come era arrivato all’Aurora Treia? «Diciamo con la passione di chi ama questo sport. Nella mia carriera da calciatore avevo infatti militato soprattutto nelle leghe minori».
Come giocava la sua squadra? «La mia filosofia è di un gioco offensivo, piacevole. Di solito i miei ragazzi hanno sempre segnato tanti gol».
Si ispira ad un allenatore in particolare? «Io non sono un estremista. Nelle categorie minori devi adattarti, poi apprezzo molto il calcio di De Zerbi, è fonte di ispirazione».
Partirà da solo per l’Arabia Saudita? «No, con altri due ragazzi che faranno parte del mio staff. Il secondo, Paolo Corradini, e il preparatore dei portieri, Mauro Tami».
La sua famiglia resterà in Italia? «Sì, la mia compagna Nadia e i miei figli Diana, Sergio ed Anita non partono. La città dove andrò a vivere è nella regione di Riad, ma sta a più di tre ore di macchina dalla Capitale. Sradicare poi dal territorio due ragazze e un giovanotto di 18, 14 e 11 anni non ci sembrava giusto. Sarebbe stata una privazione troppo grande. Colgo però l’occasione per ringraziare tutta la mia famiglia. Mi sono stati vicini, appoggiando questo mio sogno».
L’obiettivo con l’Afif Club è di vincere il campionato? «Il loro progetto è di dare un’identità più europea alla squadra. Non ci sono troppi allenatori stranieri nella categoria, diciamo che nutrono molte aspettative su di me. Inaugureremo il nuovo stadio, le attrezzature sono all’avanguardia, non vedo l’ora di iniziare. È davvero stimolante».
Quando è stato contattato per la prima volta dagli arabi, cosa ha pensato? «Di primo acchito? Solo il lato positivo, ho detto: “Perché no? Dai”. Poi col passare dei giorni qualche paranoia è venuta (ride, ndr), ma la verità è che sono molto carico».
Perdoni la domanda. Ma nessuno vicino a lei ha pensato che stesse facendo uno scherzo? «All’inizio sì (ride, ndr). Poi, quando hanno capito che era una cosa seria, mi hanno spronato ad accettare l’incarico. Ho avuto tantissimi attestati di fiducia che hanno accresciuto la mia autostima. Devo tantissimo alla mia famiglia».