L’edizione odierna di Tuttosport riporta una lunga intervista a Pasini, patron della Feralpisalò.
Il brivido, l’eccitazione e l’adrenalina per la prima storica promozione in Serie B resteranno per sempre nei ricordi più cari di Giuseppe Pasini, ma il calcio è come la tecnologia e corre a velocità supersonica; per il presidente della Feralpisalò i temi del giorno sono il mercato con una squadra che va rinforzata per non essere la classica neopromossa che fa subito su e giù, una stagione da vivere ad handicap sempre in trasferta con i match casalinghi a Piacenza e tutto quanto deve essere fatto per continuare a fare bella figura con il secondo paese più piccolo di sempre (10.000 abitanti), dopo Castel di Sangro, tra quelli approdati in cadetteria. Sono giorni caldi e di fermento in riva al lago di Garda.
Presidente Pasini, il tema stadio è ancora un nervo scoperto? «Ringraziamo tantissimo Piacenza per l’ospitalità che ci verrà data al Garilli, ma capite bene che costringere i nostri tifosi a fare ogni volta 250 km tra andata e ritorno non agevola. Il no del Brescia a concederci il Rigamonti resterà per sempre una ferita aperta, anche se speriamo ancora che qualcosa possa cambiare».
Deluso da Cellino che, avendo in concessione lo stadio, ha deciso in autonomia senza dover chiedere al Comune? «Concessione o meno, credo che avere un’altra squadra bresciana al Rigamonti avrebbe portato lustro a tutta la città. Abbiamo conquistato sul campo un traguardo storico e sarebbe stato bello e giusto avere il riconoscimento di poter giocare nella nostra terra».
Se il Brescia verrà ripescato, come vivrete il derby? «Con gioia, entusiasmo e rispetto. Siamo bresciani, siamo tifosi di questa squadra, ma anche noi stiamo facendo qualcosa di grande pur approcciandoci con grande umiltà a una categoria che non abbiamo mai fatto».
Porterete anche in Serie B la vostra idea di calcio sostenibile? «Certo. Il complimento più bello che ci è arrivato da Federazione, Lega di B e C e da altri presidenti è che siamo riusciti a vincere pur facendo giocare i giovani, abbiamo preso circa 400.000 euro di contributi. Continueremo su questa strada, anche se sappiamo che ci servono almeno 4-5 giocatori di categoria (Da Cruz, Ferrarini e Ceppitelli i primi arrivi, ndr). Per la nuova stagione abbiamo stanziato un budget complessivo di 11-12 milioni di euro, compreso il settore giovanile al quale teniamo molto e per il quale pure ci sono stati fatti i complimenti. Non è un budget altissimo, ma abbiamo dato uno sguardo a quello di altre squadre che lotteranno con noi per salvarsi e siamo in linea».
È stato difficile trattenere Vecchi, che già un’estate fa aveva proposte dalla Serie B? «Lui da noi si trova molto bene, è apprezzato e sa che non siamo una società che lo mette in discussione ai primi risultati negativi. Ha già fatto la B (con Carpi e Venezia, ndr) anche se brevemente, ma non andò benissimo. Dobbiamo sperimentare insieme questo campionato dato che pure il nostro mister ultimamente ha allenato più tra settore giovanile e Serie C. Non sono un presidente che chiede la formazione o si fa vedere assiduamente al campo. Certo mi piace sapere come stanno i giocatori e se ci sono problemi, ma così come faccio in azienda ho massimo rispetto dei ruoli. Non vado dal caporeparto a chiedere come mai un operaio sta facendo un certo tipo di lavoro piuttosto che un altro. Da quando sono nel calcio ho visto non pochi presidenti che danno l’idea di essere dilettanti allo sbaraglio. Io tengo la mia linea: nel calcio come in azienda mi piace che si crei identità di gruppo, se viene a mancare lo spirito giusto poi non arrivano nemmeno i risultati».
Quando nasce la sua passione per il calcio? «Da ragazzo sciavo, ero bravo, ma non abbastanza per far carriera come Edalini e Ghidoni che sfidavo nelle gare provinciali e regionali. Loro sono arrivati in Nazionale. Mio padre era presidente della Feralpi Lonato che dalle categorie più basse arrivò fino in serie D. Venuto a mancare lui decisi di portare avanti la sua squadra fondendoci poi con il Salò».
Domanda d’obbligo: perché un imprenditore con la sua disponibilità economica (il gruppo Feralpi, leader nella lavorazione dell’acciaio, fattura oltre un miliardo di euro all’anno con oltre 50 milioni di utile) non compra il Brescia? «Ho sposato il progetto della Feralpisalò e voglio continuare. Inoltre proprio per la grandezza che ha raggiunto la nostra azienda alla quale devo dedicare la maggior parte del tempo non potrei mai essere il presidente del Brescia calcio, una realtà che richiederebbe una mia presenza assidua».
Cosa risponde a chi dice che le piccole piazze sono dannose per la crescita del movimento calcistico in Italia? «Tutti hanno diritto di fare calcio e di poter accedere a certe categorie. Non basta avere lo stadio pieno se poi non si rispettano le regole».