“Meno di mezz’ora, ma per timbrare idealmente tutta la stagione. Il rientro di Belotti, a metà della ripresa di Pescara, ha fatto risuonare un gong, con eco allungata nel futuro. E’ l’incisione del tempo, definiamola così. Nonché degli spazi. Ha ragione Mihajlovic: nello specifico, corretto lettore della realtà. «Quando Belotti è entrato in campo, si è visto subito quanto è importante per noi: avere fuori sia lui che Ljajic è come togliere alla Juve Dybala e Higuain». Al di là dei paragoni dispensati, anzi ribaditi dal tecnico dopo la partita con gli abruzzesi, resta il fatto che questo Toro, oggi come oggi, non può fare a meno di Belotti. O meglio: l’assenza del suo centravanti di riferimento indebolisce alla radice la manovra della squadra. E percuote l’efficacia offensiva. A essere più precisi: il miglior Belotti non rappresenta “soltanto” un terminale di valore indubbio nel rapporto tra occasioni create e gol realizzati, ma anche un trascinatore, un produttore di azioni sulla trequarti, un chiavistello utile per aprire spazi e alzare il baricentro del gioco. Insomma, un attaccante capace di agire a tutto campo, per quanto portato in particolar modo a giostrare nella parte centrale del prato, in grado di incidere sia in contropiede, sia durante la manovra ragionata. Dà peso e profondità, combatte, attira su di sé anche due difensori, colpisce. E, in questo contesto, non ha ancora toccato un’asticella ideale, oltre la quale è improbo saltare. Al contrario, dà la chiara sensazione di poter crescere ancora, di poter ancora migliorare, compiendo ulteriori passi in avanti nel rendimento. Il suo ingresso a Pescara, dopo tre settimane perdute per infortunio (la lesione muscolare a una coscia rimediata in Nazionale prima della partita con Israele e dopo l’amichevole con la Francia), ha subito lasciato il segno. E non solo o non tanto per quel palo colpito a 7 minuti dalla fine, con un tiro a giro leggermente deviato da Bizzarri, che avrebbe potuto regalare una vittoria eccezionale, a un Toro oltretutto rimasto in 9. Con Belotti in campo, si è visto un Toro più potente e incisivo, e potenzialmente insidioso nelle ripartenze. Col senno di poi si va ben poco lontano, ma il rimpianto riavvolge il nastro anche alla partita precedente, contro l’Empoli. Quando il Toro non ha giocato bene, ma ha comunque proposto più occasioni da gol, sventrate da Boyé (soprattutto) e Martinez: viene facile pensare che con Belotti in campo almeno una palla sarebbe entrata. Intanto Mihajlovic ritrova il suo bomber: 4 gol nelle prime 2 partite, tra Milan e Bologna. Con lui in campo, all’inizio, il Torino viaggiava alla media di 3,5 reti a incontro. Senza di lui, considerando i tre quarti di partita di Pescara, il dato è crollato a 0,33. Con lui, il Toro produce una media di 2 tiri in più in porta a incontro. Nonché il 30% di cross in più: si offre ai traversoni, invita i compagni. La leggerezza offensiva di Boyé e Martinez, per quanto soprattutto l’argentino stia dimostrando di avere doti tecniche e qualità caratteriali indubbie, è un limite che Mihajlovic può tornare a combattere con la presenza costante del giovane attaccante bergamasco, esploso l’anno scorso con Ventura dopo un oscuro ma utile tirocinio iniziale. Le parole «Era contento, felice di essere tornato a giocare – racconta il suo agente, Sergio Lancini -. Ci siamo sentiti dopo la partita, era su di giri, carico, adrenalinico. Comprensibile: da fuori, soffriva a non giocare. Fremeva, non vedeva l’ora di rientrare. Dopo la partita era anche un po’ stanco: normale, è sempre così quando torni a giocare dopo un periodo di inattività, seppur breve. Era felice per il risultato, per il fatto che anche grazie al suo contributo il Toro era riuscito a fare comunque un punto, nonostante la squadra fosse rimasta in 9. Insomma, l’ho trovato molto carico e determinato. Ma anche dispiaciuto per quel palo: “che rabbia”, mi ha ripetuto. Sarebbe stato il massimo, se avesse anche segnato. Altro che la ciliegina sulla torta: una pianta intera, di ciliegie!». Maturità Si può anche raccontare un retroscena, adesso, dietro alla permanenza di Belotti nel Toro. Dopo l’exploit della scorsa stagione (12 reti, il doppio della stagione precedente a Palermo), più di una formazione ha provato a creare delle crepe per mettere le mani sul 22enne centravanti, già in odor di Nazionale. Tra queste, in particolare, il Leicester di Ranieri. Che intanto era alle prese con il caso Vardy: e con il concreto pericolo di perdere il proprio centravanti. Ma sondaggi hanno effettuato anche il West Ham, prima di ingaggiare Zaza, e l’Atletico Madrid (il dt italiano Berta è da tempo un estimatore di Belotti). Ebbene, non solo il Toro ha ripetutamente dichiarato incedibile il ragazzo, ma lo stesso Belotti ha espresso il desiderio di rimanere in granata, per continuare in un alveo naturale il suo processo di crescita. Un bel segnale in più, che fa rima con attaccamento e maturità”. Questo ciò che si legge sull’edizione odierna di “Tuttosport”.