“Lo hanno capito da soli che non poteva andare avanti così, che c’era qualcosa di sbagliato, di strano, di folle, anche di poco chiaro. Un po’ le cifre che girano, un poco la paura di diventare gli zimbelli del mercato, la “mucca da mungere”, un po’ la convinzione che questo giochino sia diventato il grimaldello grazie al quale portare all’estero capitali ingentissimi. Qualunque sia la causa scatenante, la conseguenza è che la Cina ha detto stop alle follie del mercato in particolare e del calcio in generale. Il diktat arriva direttamente dall’Amministrazione Generale dello Sport cinese che, sul proprio sito internet, ha annunciato di voler mettere un tetto alle spese delle società. «Sarà introdotto un tetto ai salari e ai costi dei cartellini per controllare gli investimenti irrazionali – ha dichiarato l’amministratore allo sport in Cina – Sarà introdotta una supervisione delle finanze dei club per contenere i prezzi dei giocatori all’interno di un limite razionale. Sono emerse alcune questioni e hanno generato un’attenzione diffusa, soprattutto per quanto riguarda gli acquisti di giocatori dall’esterno, con club che hanno bruciato soldi e giocatori stranieri che hanno ingaggi eccessivi». Evidentemente il battage mediatico mondiale scatenato dalle ultime spese hanno indotto i dirigenti cinesi ad alzare la guardia: l’acquisto di Oscar per 60 milioni di euro da parte dello Shanghai SIPG, i 20 milioni a stagione che lo Shanghai Shenhua verserà all’ex bianconero Tevez sono solo gli ultimi esempi di una clamorosa corsa al rialzo. E non ci saranno solo buone intenzioni, da parte del Governo, visto che l’agenzia ha annunciato che combatterà: «il comportamento irregolare per quanto riguarda i contratti sottobanco. Giocatori e agenti che saranno scoperti a violare i regolamenti saranno severamente puniti», e punizioni (come l’esclusione dalle competizioni) saranno applicate alle società che raggiungeranno un livello di debiti troppo elevato. Va ricordato che in pochi anni la Chinese Super League ha accumulato lo spaventoso deficit di oltre 600 milioni di euro. Ma c’è un altro elemento che mette, forse ancora di più in allarme il governo di Pechino: la fuga di capitali travestita da investimenti esteri. Alcune aziende cinesi, infatti, sarebbero accusate di aver spostato miliardi di dollari offshore attraverso acquisizioni per sfuggire all’indebolimento della moneta cinese, con gli analisti che sottolineano inoltre una particolare tendenza a pagare più del dovuto per le attività estere. Inevitabile, dopo le rivelazioni sulle “triangolazioni” con i paradisi fiscali delle Isole Vergini, porsi ulteriori domande sulla trattativa per la cessione del Milan. Polli o dilettanti? Tra i dirigenti cinesi, poi, si sta facendo strada la sensazione di essere considerati i nuovi “polli da spennare”: un nuovo mercato ad uso e consumo dei grandi club. «A loro possiamo vendere qualsiasi giocatore» si è lasciato sfuggire Ed Woodward, ad del Manchester United, facendo intuire come la Cina sia considerata un’ottima valvola di sfogo per liberarsi di calciatori finiti ai margini ma ancora gravati da contratti onerosissimi. Senza contare che emergono anche parecchi problemi anche nella gestione dei club di cui i cinesi sono entrati in possesso. A volte, come nel caso del Manchester City, sborsando cifre fuori mercato: per il 13% del club ben sette volte superiore a quella spesa nel 2008 per l’intero pacchetto azionario. Altre, senza avere per nulla le idee chiare sulla gestione: Alexander Jarvis, presidente della CB Borders Group che ha mediato un certo numero di offerte di calcio cinesi per club europei, ha spiegato che: «pochissimi hanno un piano d’azione concreto per i primi 100 giorni una volta che il contratto è firmato». E alcuni, infatti, “capottano” in fretta: è di ieri la notizia che il tribuna dell’Aja ha condannato Wang Hui, proprietario dell’ADO Den Haag acquistato nel 2014, al pagamento per investimenti non onorati di 2.5 milioni di euro”. Questo quanto si legge su “Tuttosport”.