“Ci sono casi in cui ti accorgi che uno strumento introdotto allo scopo di salvaguardare le “sfortune” altrui rischia travalicare la propria missione originale per deragliare nell’abuso. E’ il caso, sostengono in molti, del cosiddetto “paracadute”: lo strumento dalle Leghe europee per dare un aiuto economico ai club che retrocedono dalla massima divisone a quella inferiore. Non si tratta, ovviamente, solo di un atto lobbistico ma tiene conto dei mancati guadagni di cui deve far fronte un club retrocesso in rapporto, spesso, ai costi maggiori che ha dovuto (o che avrebbe dovuto, ecco uno dei punti) sostenere per affrontare il campionato maggiore. Se la prima eccezione era stata sollevata proprio dai club della Serie B che si vedevano piombare tra i piedi delle rivale avvantaggiate economi camente, ora qualche dubbio sta sorgendo anche tra coloro che restano nella Lega maggiore e che quei soldi li devono elargire tramite la mutualità. La soluzione che comincia a farsi largo è quella più logica legata, cioè, al merito e ai punti ottenuti. In Serie A La Serie A ha cominciato a ragionare sulle possibili modifiche del “paracadute”, adesso fissato a 60 milioni da dividere tra le tre retrocesse. Un tema entrato in agenda sull’onda della lotta salvezza in corso, una delle meno combattute nella storia del massimo campionato italiano: c’è il rischio che più di una squadra nella stessa stagione possa battere il record negativo, rappresentato dai 21 punti del Treviso al termine del torneo 200506. Un buon motivo per correre ai ripari ed evitare che le ultime smettano di dare battaglia molto prima delle ultime giornate. Una delle proposte sul tavolo è quella di assegnare il paracadute sulla base dei punti conquistati. Quindi non conterà più solo il numero di stagioni disputate in Serie A prima della retrocessione, ma anche il rendimento nell’ultima annata. L’idea è ancora da elaborare, ma a grandi linee gira intorno a questo concetto: sotto una soglia, che potrebbe essere pari a 30 punti, il contributo di solidarietà inizia a scendere. E continua a calare di fronte a punteggi sempre minori. L’impatto sarebbe significativo in un campionato come questo dove Palermo, Crotone e Pescara hanno rispettivamente 15, 14 e 12 punti. Sembra che la riforma non sia stata ancora discussa in modo approfondito (e ovviamente non sarà gradita a tutti) ma sta già girando nelle conversazioni separate tra dirigenti e presidenti in vista degli appuntamenti di questi giorni. Alla finestra di questa possibile innovazione ci sono anche le pay tv che finanziano in gran parte i bilanci delle società di Serie A. Stanche di partite senza un’effettiva posta in palio, le televisioni vedono di buon occhio ogni possibile intervento che possa migliorare la competitività del campionato. E i loro desideri vanno tenuti particolarmente in conto in vista dell’ormai prossima vendita dei diritti tv del triennio 2018-21. La Premier Grossi interrogativi se li stanno cominciando a porre anche in Premier League dove, peraltro, la fetta di torta da spartire è ancora più grande: circa 90 milioni di sterline. L’Hull City, tornato in Premier quest’anno, a fronte degli investimenti potrebbe incassare qualcosa come 73 milioni in caso di retrocessione. Il rischio, insomma, è che l’investimento sui salari per restare in Premier sia minimo e che si passi solo all’incasso. Il modello, ancora una volta, è quello tedesco. E sapete perché? Si basa essenzialmente sul merito invece che sulla mutualità di stampo assistenzialista senza che sia richiesto nulla in cambio”. Questo quanto riportato da “Tuttosport”.