Tuttosport: “Ciao Totò. Aldo Serena: «Imprevedibile! Gli davi la palla e inventava il gol»”

L’edizione odierna di Tuttosport si sofferma sulla morte di Totò Schillaci.

«Una mina vagante», così Aldo Serena ricorda Totò Schillaci, con un sorriso nostalgico. Serena era al suo fianco quando Schillaci esplose durante il Mondiale del 1990, facendo innamorare l’Italia con i suoi gol e la sua imprevedibilità. Serena, che contribuì a uno dei suoi gol, ricorda in particolare l’assist che gli fornì contro l’Uruguay. In quel torneo, la Nazionale di Azeglio Vicini, diversa dalle solite squadre italiane, aveva trovato in Schillaci un elemento inaspettato, un ragazzo del Sud che l’anno prima giocava ancora in Serie B.

Perché lo definisce una mina vagante?
«In campo era del tutto imprevedibile. Non sapevi mai cosa avrebbe fatto o dove sarebbe andato. Era impossibile integrarlo in uno schema preciso, ma la sua creatività e la sua tecnica erano straordinarie. Gli davi il pallone e sapevi che qualcosa si sarebbe inventato.»

Non era più difficile per voi gestirlo?
«Lo era più per gli avversari. Anche se noi non riuscivamo sempre a prevedere le sue mosse, per loro era praticamente impossibile capirlo. Questo ci dava un enorme vantaggio, perché avevamo una carta imprevedibile da giocare in ogni momento. Dopo il suo primo gol, il gruppo cominciò ad appoggiarsi a lui in certi momenti cruciali.»

Com’era giocare in coppia con lui?
«Non era uno con cui pianificavi una giocata. Lo cercavi e gli davi la palla nel miglior modo possibile. Aveva un’ottima tecnica: tiro da lontano, velocità in area, colpo di testa…»

E fuori dal campo?
«Era introverso, quasi timido. Gli serviva tempo per fare amicizia, ma una volta che si apriva era sincero e autentico. Durante il Mondiale parlava davvero solo con Tacconi, che conosceva da un anno. Era l’unico che riusciva a farlo ridere.»

Come ha gestito la fama improvvisa?
«L’ho ammirato molto in quel momento. Diventare capocannoniere di un Mondiale dal nulla porta una pressione enorme, ma lui è stato bravissimo a rimanere se stesso, senza dimenticare da dove veniva. In poche settimane era diventato uno dei calciatori più famosi del mondo, e non è una cosa facile da gestire.»

La sua carriera non è stata fortunata quanto il Mondiale.
«È vero, è stato sfortunato. Ha giocato nella Juventus e nell’Inter in momenti difficili, mancando i cicli vincenti. Però ha comunque vinto due coppe con Zoff alla Juventus. E ho ammirato molto il coraggio che ha avuto nel chiudere la sua carriera in Giappone.»

Cosa l’ha colpita di quella scelta?
«In un periodo in cui nessun calciatore italiano osava andare all’estero, lui ha deciso di sfidare una cultura completamente diversa. È stato coraggioso e ha segnato i suoi gol. Mi aveva detto che sentiva molta nostalgia dell’Italia in quel periodo, ma non ha mollato ed è rimasto lì per quattro stagioni, da vero professionista.»