“Trazzeri”: Ritratti e storie rosanero – Mario Matranga, ‘Saudade’ rosanero!

Considerata una delle città più belle al mondo, Rio De Janiero rappresenta il sogno di milioni di persone.
Le incantevoli spiagge di  Copacabana e Ipanema, la famosa statua del Cristo Redentore, situata sul monte Corcovado, e il suo celeberrimo carnevale sono solo alcune delle tante attrattive turistiche che richiamano molti visitatori, provenienti da ogni parte del mondo. Si racconta, inoltre, che per ogni brasiliano il legame con la propria terra è talmente forte che quando si trova a vivere lontano dalla propria casa si ammala di “Saudade”,  il sentimento simbolo di questo Paese, che racchiude in sé una miriade di emozioni, ricordi nostalgici ed una speranza viva per il futuro che verrà. Un sentimento che anima anche il nostro amico Mario Matranga. La sua, però, è una Saudade tutta rosanero.

Ben trovato Mario, da quanti anni vivi in Brasile e perché hai deciso di trasferirti proprio a Rio de Janiero?

«Vivo in Brasile da 10 anni e prima di trasferirmi definitivamente ero un po’, come tutti, un vacanziero, andavo spesso lì in vacanza e mi piaceva moltissimo la location. Ho scelto Rio De Janiero perché è una città molto simile a Palermo, lavoro nel campo del turismo e il connubio “crisi in Italia” e “ricrescita economica in Brasile” mi hanno convinto a cercare a Rio nuove opportunità professionali, in vista anche dei grandi eventi che si stavano preparando come la Federation Cup, la visita del Papa e quest’anno anche le Olimpiadi».

Rio è una delle città più belle, più calde e più colorate del mondo, famosa per le sue incantevoli spiagge e meta ambita dal turismo d’élite. Ci racconti come è la vita in questa grande metropoli ricca anche di innumerevoli contraddizioni e qual è stato il tuo processo d’inserimento?

«Non è stato difficile inserirmi perché già parlavo la lingua e ho continuato a lavorare nel settore del turismo. Ma la Rio De Janiero di oggi non è quella di 10 anni fa, in questi anni si è sviluppata moltissimo ed è diventata molto più cara e simile ad una città occidentale. Un palermitano può viverci bene solo se ha voglia di fare qualcosa e se riesce ad adattarsi alla vita brasiliana, dimenticandosi per qualche anno della famiglia, degli amici, del calcio, dello sport e, ahimè, del nostro cibo».

Come hai vissuto in questi anni la tua passione rosanero lontano da Palermo?

«L’ho vissuta malissimo, io ero uno di quelli che andava sempre allo stadio, in casa e in trasferta e soprattutto quando la squadra militava nelle categorie inferiori. Negli anni passati prendevo l’aereo dal Brasile per venire a vedere il derby Palermo-Catania e Catania-Palermo. Si soffre molto a stare lontani, ma è anche vero che la lontananza avvicina ancor di più ai colori rosanero e non importa più nulla della categoria nella quale si gioca. Oggi riesco a seguire il Palermo molto più facilmente e grazie ai progressi di Internet riesco a vedere tutte le partite, anche in diretta».

Tanti giocatori brasiliani, in questi anni, hanno vestito la nostra maglia. Chi fra loro ricordi con maggiore simpatia?

«Di solito viene facile rispondere con il nome di un attaccante. Noi abbiamo avuto, ad esempio,  Amauri, ma ad essere sincero quello che ricordo con più simpatia e affetto è Fabio Simplicio, un buon giocatore umile e semplice, una persona che sapeva stare sempre al suo posto e non andava mai fuori le righe».

Che idea ha la gente brasiliana del calcio italiano ed in particolare cosa pensano del Palermo e di Palermo?

«Il 99% dei brasiliani sono nazionalisti, oltre al loro Paese non hanno altri interessi, sono indifferenti al resto del mondo. Sotto questo punto di vista molto patriottici e tanti di loro hanno anche la brutta abitudine di chiamare gli stranieri “i gringo”, un termine un po’ dispregiativo e leggermente razzista. A livello calcistico sono anche un po’ presuntuosi, hanno vinto molti titoli mondiali e questo li fa sentire superiori agli altri, anche se sanno benissimo che il calcio europeo è sicuramente migliore del loro».

Quando vivevi ancora nella nostra città avevi fondato il gruppo “Meridiano Zero”. Che esperienza è stata?

«Nel 1996 insieme ad alcuni amici della curva nord superiore fondai  “Meridiano Zero”. Ad unirci era l’amore per la gente ed una immensa passione per la maglia rosanero. Presto diventò la nostra ragione di vita, tante trasferte insieme, tanti chilometri in giro per l’Italia, un’esperienza esaltante e bellissima. Ovunque ci apprezzavano per la mentalità “Old Style” e per i nostri cori, in quel periodo la Curva Nord faceva tremare le gambe agli avversari. Dopo la mia partenza dall’Italia, i ragazzi sono scesi nella nord inferiore, ma ancora oggi molti amici della “Vecchia Guardia” si ricordano di me e questo mi rende molto felice».

Se potessi far rigiocare una partita al Palermo, quale sceglieresti e perché?

«Sicuramente Palermo-Catania 0-4 e nella mia risposta ho già spiegato il perché! Un giorno di grande amarezza, un vero incubo. Loro ne parlano ancora oggi e se ne vanteranno nei secoli dei secoli».

Cosa ti manca di più della nostra città?

«Prima di tutto la famiglia, gli amici e poi il nostro Stadio. Ma non solo per le partite, mi manca tutto il contesto, mi manca andarci 2 ore prima, ritrovarmi nella piazzetta a parlare con gli amici sia prima che dopo la gara, bere insieme una birretta, mangiare il pane con la milza, cantare e tifare con i  miei fratelli rosanero».

Come vuoi salutare tutti i nostri amici che ci seguono e qual è il tuo personale augurio al Palermo?

«L’augurio per il Palermo è l’augurio di tutti noi, quello cioè di salvarci. E poi voglio salutare tutti gli amici invitandoli ad andare al “Barbera” sempre, ad incitare i ragazzi e a stare vicino alla squadra. Io, quando vado a vedere qualche partita al “Maracanà” porto sempre con me la bandiera del Palermo, perché sono e sarò sempre orgoglioso di essere rosanero!».