In questi ultimi anni sono tantissimi i giovani che lasciano l’Italia, per cercare altrove una realizzazione professionale difficile da raggiungere in un paese come il nostro, dove disuguaglianze sociali e territoriali continuano a crescere a dismisura e dove non esiste quasi più la meritocrazia. La pesante crisi economica e i livelli altissimi di disoccupazione costringono i nostri ragazzi a sperare in nuove opportunità di lavoro e in un futuro migliore lontano dalla propria città e lontani dai propri affetti. Meta preferita da questo nuovo flusso migratorio è la Gran Bretagna; una scelta di vita che, poco più di 4 mesi fa, ha portato il nostro amico Marco D’Anna a trasferirsi a Royal Tunbridge Wells, cittadina del Kent, distante circa 50 km da Londra.
Ciao Marco e grazie per essere con noi, vuoi dirci la tua età e raccontarci perché hai scelto di andare in Inghilterra?
«Ho 26 anni e mi sono trasferito in Inghilterra perché la situazione lavorativa a Palermo è diventata davvero molto difficile. Sono diplomato in ragioneria, ma è dall’età di 16 che lavoro nel campo della ristorazione. Con la crisi economica sono diversi i proprietari dei ristoranti che hanno difficoltà a pagare puntualmente il personale, a volte gli stipendi ritardano anche di due/tre mesi, a fronte di orari e di turni massacranti. All’estero, invece, c’è più possibilità di crescere professionalmente e di fare carriera. La prospettiva di andare via da Palermo è maturata durante la stagione estiva che ho fatto lo scorso anno. Terminata la stagione ho preferito iniziare questa esperienza inglese».
Quanto è stato difficile per te lasciare la tua famiglia, i tuoi amici, i tuoi affetti, per cercare di realizzare il tuo futuro professionale lontano dalla tua terra e com’è stato il tuo processo di ambientamento?
«Lasciare la famiglia è sempre molto difficile e lo è stato soprattutto per me. Sono legatissimo a mio padre e a mia madre, non sono solo dei genitori, sono molto di più. Però alla fine ho fatto una scelta di vita, non potevo più restare a Palermo, perché mi sentivo irrealizzato, sentivo che potevo dare ancora molto. Anche se per certi versi mi fa molto male, per altri sono contento di essere andato via, perché sto iniziando a realizzare quello che volevo fare. Il primo mese è stato un po’ difficile, perché non conoscevo ancora benissimo la lingua, avevo difficoltà a capire le persone. Adesso parlo molto meglio l’inglese, riesco a interagire tranquillamente e mi sto ambientando discretamente. L’unica pecca è il clima, l’Inghilterra non è come la Sicilia dove c’è quasi sempre il sole e il mare è a portata di mano, qui c’è spesso pioggia e freddo».
Cosa ti sta insegnando sotto il profilo umano e sociale questa esperienza in Inghilterra?
«In Inghilterra ho la possibilità di conoscere persone che arrivano da ogni parte del mondo, convivo con alcuni ragazzi che vengono dall’Ungheria, dalla Thailandia, dal Brasile e sto imparando a capire culture e tradizioni diverse dalle nostre. Anche dal punto di vista culinario è molto interessante, ho iniziato a mangiare cibi che a Palermo non conoscevo».
Se dico Curva Nord cosa mi rispondi?
«La curva nord è dove ho passato tutta la mia giovinezza, un posto sacro per me! E’ la curva della squadra della mia città, la mia seconda casa».
Qual è il ricordo più bello, legato al Palermo, che ti sei portato nel cuore?
«Sono tanti i ricordi che ho nel cuore, ma primo fra tutti è la promozione in serie A del 2004. Avevo 13 anni, ma già da anni seguivo il Palermo, mio padre mi portava sempre allo stadio e mi ricordo ancora di Bombardini e di Pulcinelli. Ma l’arrivo di Zamparini e quella squadra che in Serie B, con Luca Toni e Lamberto Zauli, fece un campionato da record mi ha regalato grandissime emozioni. La festa e la città impazzita dalla gioia sono ricordi che non si possono cancellare. Ma anche la finale di Coppa Italia, con i 40.000 palermitani a Roma, rimane tra le pagine più belle della storia del Palermo».
Come ti sei organizzato per seguire le vicende del Palermo, sei rimasto in contatto con i tuoi vecchi amici di curva?
«Con alcuni amici ci sentiamo ancora, grazie ai social network e WhatsApp, ma sono molto impegnato e faccio fatica a seguire le partite, vedo gli highlights e mi aggiorno sui risultati tramite internet. Non poter vedere il Palermo come prima è una cosa che mi pesa terribilmente».
Cosa ti manca di Palermo e qual è il tuo sogno nel cassetto, pensi in futuro di tornare?
«Mi manca la mia famiglia e il Palermo, perché per me non è solo una squadra di calcio, è un forte senso di appartenenza con le mia città e le mie origini. In questo momento non penso di tornare, non perché non lo desideri, ma perché ho iniziato un percorso di studi particolari, sto seguendo un corso di sommelier che per i prossimi 2 anni mi terranno impegnato qui. Ma è certo che mi piacerebbe, un giorno, ritornare a casa mia».
Che saluto vuoi dare a tutti i tuoi vecchi amici di curva, e in particolare cosa vuoi dire ai tuoi genitori?
«Ai miei amici di curva voglio dire di non abbattersi, anche se conoscendoli so che non lo faranno, il Palermo va sempre sostenuto al di là del momento difficile che stiamo vivendo e per questo dico sempre “Forza Palermo”.
Ai miei genitori invece dico di stare sereni, perché qui sto bene e presto ci rivedremo per le vacanze».