Torretta Cafè, Pastore: «Arrivare a Palermo è stato come giocare a casa. Sirigu è stato importantissimo»

Javier Pastore è il protagonista del primo episodio di Torretta Cafè, Talk Show realizzato dal Palermo FC e condotto da Sarah Castellana. L’ex rosanero durante la chiacchierata con la giornalista ha toccato vari argomenti che riguardano il suo passato da calciatore del Palermo.

Ecco un estratto:

«Quali squadre oltre al Psg? Il Chelsea era una, è sempre stata una possibilità. In Italia c’erano il Milan e l’Inter, io volevo più andare al Milan. Avevamo parlato con il Milan, il mio idolo era Kaká… mi piaceva un sacco il suo modo di giocare e il suo modo di essere. Mi ispiravo tanto a lui. Per me era un sogno andare lì e giocare con lui ma lui andò al Real Madrid. Il Paris Saint Germain in quel momento poteva spendere di più, allora per il Palermo era anche più simbolico cedermi a loro piuttosto che ad un’altra squadra. Alla fine decido di andare al PSG per un sogno che ho fatto mentre ero in vacanza con Chiara. Eravamo a Punta Cana, abbiamo trascorso due settimane lì tra chiamate di direttori sportivi e presidenti. Una sera ho sognato che camminavo con Chiara sotto la Torre Eiffel. Appena svegliato ho chiamato subito il mio agente per comunicargli la mia decisione. Lui mi propose di aspettare il Chelsea ma io sentivo di dover andare al PSG».

«Arrivare a Palermo è stato come continuare a giocare a casa mia. Salvatore Sirigu è stato importantissimo nel mio percorso qui a Palermo. E’ un grande amico, mi ha aiutato tantissimo. Andavamo al cinema insieme, mi portava a mangiare fuori. Facevamo tante cose qua, mi piaceva giocare al bowling ma durante la giornata non potevo andare. Allora i proprietari mi facevano venire a mezzanotte emi lasciavano tutto il bowling aperto. Mi davano le chiavi, passavo due ore con tutti i miei amici a giocare. Avevo amici che giocavano a calcetto quasi tutte le sere, io andavo a vederli e portavo le scarpe da calcio. Alla fine giocavo sempre, al secondo anno a Palermo giocavamo anche in Europa League ed era più complicato. Allora andavo a vedere giocare i miei amici con le ciabatte e non con le scarpe da calcio. Arrivavo lì con Chiara, i miei amici cominciavano a chiedermi di giocare. Alla fine era peggio perché giocavo scalzo. La scusa era portare le ciabatte, tante volte dopo o prima il calcetto andavamo a mangiare insieme. Io già andavo con le ciabatte, Chiara diceva che non potevo presentarmi al ristorante così. Io le spiegavo che andavo così altrimenti mi convincevano a giocare a calcio. Alla fine sono uscito con lei tante volte in ciabatte, tutti si chiedevano il motivo. In qualche modo comunque riuscivo a giocare lo stesso. Oggi è molto più difficile, si giocano molte più partite. Primo anno a Palermo giocavamo solo campionato e Coppa Italia. All’inizio solo una partita a settimana, la voglia di giocare a calcio c’era sempre».