Torregrotta, le sue parate fanno il giro del web. Salvatore, un nonno tra i pali: “Zoff il mio mito, mi diverto ancora”
L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sul portiere Torregrotta.
Nonno Salvatore Nastasi, il prossimo 24 marzo, compirà 59 anni. È il portiere del Torregrotta, squadra messinese che milita in Prima Categoria. E la sua prestazione contro il Città di Galati è diventata “virale”: un calcio di rigore parato e una serie di interventi prodigiosi per uno dei calciatori più “stagionati” d’Italia, cresciuto con il mito di Dino Zoff. Nonno Salvo, come lo chiamano i suoi tre nipotini, nonostante l’età, continua a tuffarsi da un palo all’altro. Con l’entusiasmo di un bambino: «Mi diverto come un matto — racconta — Ho tre figli e sono anche nonno. E i miei tre nipotini, quasi ogni domenica, vengono a vedermi al campo. Potrei essere il papà di tanti miei compagni, cerco di motivarli e stimolarli. E spero di continuare a giocare il più a lungo possibile. Perché il calcio, per me, è vita. La mia famiglia? Si preoccupano che possa farmi male, mi dicono che ormai sono “vecchietto” — sorride — Ma sanno anche che non ce la farei mai a stare a casa. In poltrona o sul divano».
Su Nastasi e sul Torregrotta si sono anche accesi i riflettori di “Calciatori Brutti”, la celebre pagina social. «Ho cominciato a giocare da bambino. E a 16 anni ho affrontato i miei primi campionati di provincia — ricorda Salvo — Era il 1980. Nel 1982, l’Italia ha vinto i Mondiali, in Spagna. Avevo 17 anni e il mio mito era Dino Zoff. Ho sempre simpatizzato per la Juventus, proprio grazie a lui. Il numero 1 che mi ha sempre ispirato. Da allora, non mi sono mai fermato. Ho perso il conto dei campionati giocati e vinti, dalla Terza alla Prima Categoria. Il campionato più bello? L’ultimo. Ma anche i primi, quando ero pieno di sogni e speranze. Lo scorso anno abbiamo vinto i play off e siamo saliti in Prima Categoria. E conquistare una promozione, a 58 anni suonati, è stata un’emozione pazzesca. Mi dicono che sono come il vino. Più invecchio, più miglioro». Salvatore lavora in un’azienda metalmeccanica. Ma ogni sera, allo stesso orario, prende il borsone, entra nello spogliatoio, che è la sua seconda casa, si cambia, indossa i suoi “fedelissimi” guantoni e scende in campo