L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sulla corsa al Manchester United e l’allarme multiproprietà attraverso un editoriale di Gianfranco Teotino.
Ci sono un inglese, un qatariota e un americano. È l’inizio non di una vecchia barzelletta, ma di una storia nuova che molto ci racconterà sulle prospettive future del calcio. Nelle grandi manovre in corso per acquisire il Manchester United – terzo club al mondo, secondo Forbes, per valore del brand, dietro Real Madrid e Barcellona – non sono in ballo soltanto i rapporti di forza nell’alta finanza internazionale, ma anche la passione dei tifosi e le regole che garantiscono l’integrità delle competizioni.
L’inglese è Jim Ratcliffe, proprietario del colosso della chimica Ineos, con un patrimonio personale stimato in oltre 15 miliardi di dollari, tifoso dichiarato dello United. Il qatariota è Jassim Al Thani, figlio dello sceicco Hamad per vent’anni prima ministro degli Esteri e poi Premier dell’emirato, presidente della Qatar Islamic Bank, anch’egli tifoso dichiarato dello United, dopo avere studiato presso la Royal Military Academy britannica.
Per le regole Uefa attuali, che vietano il controllo diretto di due o più club, il Manchester United se fosse venduto a Ratcliffe non potrebbe partecipare a una Coppa europea in cui gioca il Nizza, potrebbe farlo con Milan e Lilla nel caso d’intervento di Elliott, mentre si aprirebbe un contenzioso complicato rispetto al Psg, se finisse in mani qatariote, in quanto Al Thani sostiene di utilizzare per l’affare United fondi privati e non statali.
L’interrogativo è se siano sufficienti le regole attuali rispetto a un fenomeno, quello delle multiproprietà, o comunque degli investimenti incrociati, che sta assumendo dimensioni allarmanti. È la stessa Uefa a sottolineare il problema nel suo rapporto annuale. Oggi ci sono nel mondo più di 180 club con partecipazioni intrecciate, dieci anni fa erano meno di 40. Vi è una preoccupazione relativa alla possibilità che si incontrino due squadre con lo stesso azionista di maggioranza, per quanto mascherato, come nel caso di Lipsia, Salisburgo e Red Bull, e una ancor più concreta che una squadra ne affronti una, magari più importante, in cui il suo proprietario abbia una quota di minoranza. Ma vi è anche un moltiplicarsi di operazioni di mercato in condizioni di vantaggio fra club con investitori in comune. Ancor più eticamente discutibile delle plusvalenze realizzate con scambi senza passaggio di denaro…