Taglialatela assolto dall’accusa di Camorra: «Nato tutto per uno scooter intestato a me. Appena ho saputo la notizia…»

Pino Taglialatela, ex portiere di Palermo e Napoli, è stato assolto dall’accusa per associazione mafiosa al Clan Mallardo. Nessuna affiliazione con la camorra per il classe ’69, il fatto non sussiste. Intervistato da “Il Mattino”, il nativo di Ischia ha affermato: «All’inizio l’accusa non era grave. Mi era contestata l’intestazione fittizia di un’auto e di uno scooter a una mia zia. Li avevo fatti registrare a mio nome per consentirle di poter venire d’estate a Ischia dove vivo. Una leggerezza, un errore, ma non ci vedevo nulla di male. È una pratica diffusa. Poi c’è stato un arresto nella sua famiglia e hanno trovato a casa del marito di mia cugina lo scooter intestato a me. Da lì sono cominciate le indagini. E negli anni il pm ha rincaratola dose, facendo il suo legittimo lavoro ed elaborando sue deduzioni. A maggio dell’anno scorso è stata formalizzata l’accusa di associazione camorristica. Il mio tormento si è aggravato perché cresceva il peso delle accuse. Non era più solo una leggerezza. Poi, un mese e mezzo fa, c’è stata la botta: la richiesta del pm di una pena di 14 anni di carcere. Ero sulla graticola da più di quattro anni, è stato un colpo enorme, ho passato delle bruttissime nottate. Più che altro per l’eco mediatico della vicenda, perché sapevo bene di essere estraneo alle accuse. Sono rimasto chiuso in casa per una settimana. Faccio calcio da una vita, lavorando con tanti giovani. Ho temuto che di me si pensassero le cose peggiori. Ho ricevuto, invece, tanti attestati di solidarietà sui social, di persone che conoscevo e che non conoscevo, da tantissimi tifosi napoletani. Erano più loro a credere alla mia innocenza che io stesso. I tifosi napoletani quando ti conoscono capiscono di che pasta sei fatto, ti sono vicini per sempre. È scattata l’ansia. Nessuno è fatto di ferro. Per fortuna il mio avvocato piano piano e con serietà, lavorando nel rispetto delle indagini, ha portato in aula tutti gli elementi che dimostravano come il fatto non sussistesse, che non c’entrassi nulla con quella gente. Paradossalmente ho dubitato di me stesso, provavo vergogna nonostante sapessi di essere estraneo a tutto. Non vedevo l’ora che arrivasse il giorno in cui avrei potuto spiegare a tutti quale fosse la verità. Ho sempre mantenuto il massimo rispetto per chi indagava, come ce l’ho per chi mi ha giudicato e mi ha assolto, ma vivevo un incubo. Ho festeggiato a Capri, dove mi trovavo per una manifestazione. C’era attesa per la sentenza. Quando, alle 10:30, è arrivatala notizia c’è stata un’esplosione di gioia da parte di tutti, come quando il Napoli ha vinto lo scudetto. Cori da stadio. Le 130 persone della sala, dopo tanti anni, hanno di nuovo inneggiato: “Olé Olé Pino Pino”, come al San Paolo. Questo affetto mi resterà per sempre nel cuore, più dei cori dello stadio. Ora voglio solo la serenità».