L’edizione odierna de “Il Giornale di Sicilia” si sofferma sul caro bollette.
Per resistere all’aumento del costo dell’energia sta nascendo una corrente di imprenditori che punta a ridurre la produzione. Chiudere per alcuni giorni è considerato più conveniente che aumentare i prezzi finali e scaricare sui consumatori questo nuovo handicap aziendale. «Ci sono nostri associati – ha rivelato il presidente di Confindustria, Alessandro Albanese – che stanno passando da 6 a 4 giorni settimanali di produzione. Meglio stare fermi consumando meno, che produrre di più a costi esorbitanti che il mercato non copre col prezzo finale di vendita».
È una scelta che coinvolge sempre di più le aziende del circuito del freddo: «Noi abbiamo abbassato la produzione di gelati e surgelati – commenta Giuseppe Todaro, nel direttivo di Confindustria Palermo -. Lavoriamo due giorni in meno. Non c’è altro modo di resistere. Mentre il settore della distribuzione sta aumentando i prezzi finali». Il fenomeno che Confindustria ha monitorato è la punta dell’iceberg . L’ultimo di vari tentativi del mondo industriale, artigianale e agricolo di resistere all’ennesima crisi. Dopo il Covid, la nuova pandemia è il caro energia. Che in Sicilia ha riflessi più gravi che altrove, perché si aggiunge ai costi dell’insularità e a una economia già zoppicante, e riguarda anche le campagne. Lo urla la Coldiretti Sicilia che da settimane monitora l’aumento esponenziale dei prezzi di fertilizzanti e carburanti agricoli:
«L’impennata del costo del gas, dovuta ai problemi riscontrati con i Paesi esportatori, fa schizzare i prezzi dei concimi. L’urea è passata da 350 euro a 850 euro a tonnellata (+143%), il fosfato biammonico Dap è raddoppiato (+100%) passando da 350 a 700 euro a tonnellata, mentre i prodotti di estrazione come il perfosfato minerale registrano un +65%». Le sementi di grano duro registrano un aumento del 35% e quelle di grano tenero del 15%. I carburanti sono aumentati del 50% e di fronte a questi dati anche la Coldiretti Sicilia ha intercettato un trend che vede i propri iscritti rinunciare a produrre: «Le quotazioni attuali del grano, salite a oltre 50 euro a quintale, non andranno a coprire i costi di produzione».