Sudtirol, Merkaj: «Ho passato momenti difficili, ora sogno la Serie A»
Il sito ufficiale del Sudtirol ha pubblicato una lunga intervista rilasciata da Silvio Merkaj. Ecco le dichiarazioni complete:
Silvio, com’è stato l’approdo in biancorosso?
“Innanzitutto grazie dell’accoglienza. Ho trovato subito un ambiente caloroso, familiare, una società bene organizzata e un gruppo composto di giocatori forti, di qualità e molto umili. Mi hanno fatto sentire subito a casa. Avevo sentito parlare bene di questa realtà da molti addetti ai lavori, che mi avevano descritto l’organizzazione e del modo mirato di lavorare della società. Il club è organizzatissimo e molto serio, con strutture fantastiche. Abbiamo un centro sportivo che vorrebbero avere tutti. I dettagli fanno la differenza, secondo me. Ringrazio il direttore e la dirigenza per avermi dato un’opportunità importante e da parte mia l’aspettativa è quella di continuare il processo di crescita. Il calcio per me è sempre stata una priorità una grande passione, un’opportunità…”.
Un inizio più che positivo, quali e quante emozioni hai provato?
“Sono felice. E’ iniziata bene, più di quanto pensassi, quindi bisogna continuare così per arrivare all’obiettivo che siamo posti come squadra. Anche per quanto mi riguarda sono soddisfatto dell’avvio: le statistiche dicono due gol, un assist e due rigori procurati, che nei numeri vengono contati come assist, comunque quello che conta più di tutto sono i risultati di squadra e per quanto ci riguarda l’obiettivo primario è quello di mantenere la categoria. Poi, una volta raggiunto l’obiettivo, si potrà pensare di partita in partita”.
Se ti dicessimo che sei nel vivo di un processo di crescita?
“Da quando sono arrivato nei professionisti ho fatto bene e spero di proseguire su questa strada anche nella nuova categoria mettendomi al servizio della squadra. Mi considero un giocatore grintoso, un lottatore. Sono partito dal basso e faccio della fame la mia grande forza. Il debutto sul campo della Sampdoria è stato bello, anche se personalmente è stata la prima partita dopo un paio di mesi, ovvero dai playoff con l’Entella. Ho cercato di fare del mio meglio per la squadra in un contesto importante come quello del Ferraris. Poi ci sono state le soddisfazioni nelle prime giornate di campionato”.
Sei arrivato in Italia a 4 anni dall’Albania con la famiglia. Hai iniziato a tirare calcio al pallone a Perugia tifando Milan, e poi? Ci racconti, in breve la tua carriera?
“Sono maturato calcisticamente nelle giovanili del Castel del Piano, in Umbria, vicino a Perugia, dove sono cresciuto, alternandomi, a 17 anni, tra juniores e prima squadra. Il calcio è sempre stata la mia grande passione, un grande amore. Nella seconda stagione in prima squadra ho disputato tutto il campionato da titolare, segnando 10 gol da esterno di centrocampo. Ho sempre tifato per il Milan”.
E’ arrivato poi il salto di categoria, a Foligno, ma a dicembre per i problemi societari sei tornato in Eccellenza con all’attivo 4 reti in 12 gare disputate in serie D …
“Ho passato momenti difficili. Mi sentivo bene e a causa di vincoli sportivi sono stato costretto a fare un passo indietro”.
Da una criticità è nata invece un’opportunità. Hai iniziato un percorso importante, alternato tra Sicilia, Campania, Puglia e Molise, rispettivamente Igea Virtus, Gelbison, Bitonto e Vastogirardi sono state le tappe e le esperienze tra i dilettanti. Ci racconti quel periodo?
“Alla Gelbison, in serie C con mister De Felice c’è stato il primo momento di svolta della mia carriera. L’allenatore mi spostò da esterno a prima punta: feci 8 gol e capii che in quel ruolo ci stavo bene. Poi è arrivato il Bitonto, squadra ambiziosa che puntava a vincere il campionato. Purtroppo però giocai poco: 23 partite, di cui solo tre da titolare. Approdai quindi in Molise, al Vastogirardi, comune di neanche settecento abitanti, in provincia di Isernia. Mister Prosperi e il suo staff mi insegnarono a lavorare maggiormente tra le linee, a dialogare di più con i miei compagni. Feci 14 gol e 6 assist in un posto che non dimenticherò mai. Sicuramente tutte le squadre dove sono stato mi hanno aiutato tantissimo, soprattutto a livello caratteriale. Mi hanno insegnato a non mollare mai, a perseguire il mio obiettivo, i miei sogni. Al Vastogirardi ho raggiunto la mia consacrazione soprattutto a livello numerico, di statistiche, devo tanto a quelle persone, che mi ha fatto migliorare anche e soprattutto correggendo le mie lacune diciamo. Dopo cinque anni in serie D in giro per l’Italia sono arrivato a Chiavari, il Liguria. Due anni da professionista con l’Entella e ora sono qui. Per me questa è una grande opportunità”.
Oltre all’Entella, al tempo ti fecero la corte Piacenza e Triestina: la scelta non fu certo facile, comunque azzeccata: le due stagioni a Chiavari sono state ricche di soddisfazioni …
“La scelta non fu facile. Approdai all’Entella, in C, in una squadra attrezzata che puntava alla Serie B, partendo da sesto attaccante, l’ultima scelta. Mi sono posto come obiettivo quello di dare il massimo, di crescere con il tempo. Mi sono adattato all’ambiente e alla categoria e al nuovo ambiente, ho lavorato duro, sono rimasto sul pezzo per farmi trovare sempre pronto. Alla prima occasione da titolare, contro il Cesena, realizzai una doppietta e conquistai il posto da titolare”.
Cosa hai imparato in quel periodo?
“A non esaltarmi troppo quando le cose vanno bene, e allo stesso tempo a convivere con le difficoltà e gli errori. Un giocatore deve essere sempre affamato e sempre pronto a dare il massimo, fisicamente e mentalmente. Proprio com’è la mentalità qui all’FCS”.
Tre anni da professionista, tutti con l’Entella: 30 gol in 80 partite, la fama di attaccante che corre, fatica per la squadra, che non disdegna le sportellate e che si danna per cercare il gol. Un bel bagaglio?
“Bisogna lavorare intensamente ogni giorno per migliorarsi, per dare il massimo. Qui tutto è come lo immaginavo. Ci sono diversi compagni hanno un percorso sportivo simile al mio. Questa è la nostra forza. Ci sono giocatori esperti e tanti giovani, tutti determinati e affamati. La strada è lunga, c’è tanto da fare, bisogna procedere per gradi, senza lasciarsi trasportare dall’euforia o soffocare dalle difficoltà. Umiltà e consapevolezza innanzitutto. Personalmente sono convinto che venire qui sia stata la scelta migliore che potessi fare”.
Il tuo o i tuoi idoli calcistici?
“Da milanista dico Shevchenko. Quando ero piccolino era il mio idolo. E poi Ibrahimovic. Ibra per il suo carisma, per il livello caratteriale, per la sua leadership. Questi due giocatori sono sempre stati due punti di riferimento per me”.
Sostanziali differenze dalla C alla B?
“Tecnicamente il cambiamento dalla Lega Pro alla Serie B non è eccessivo. Certo bisogna essere più veloci a livello di giocate, di testa, bisogna essere più veloci da quel punto di vista e, a livello fisico, cambiano i ritmi, comunque non sono andato tanto in difficoltà per questo. Personalmente ho avuto all’inizio più difficolta quando passai dalla serie D alla serie C, trovandomi di fronte ad un grosso divario sia a livello fisico che tecnico”.
Il mister lo conoscevi?
“Il mister è una persona eccezionale secondo me, soprattutto vera, autentica. Comunica tanto. E’ uno che ti fa rendere tanto e riesce a tirati fuori il meglio per dare sempre il massimo. Secondo me questa è un aspetto importante, infatti la squadra rispecchia un po’ il carattere del mister cioè un battagliero: una squadra che non molla mai e che fa dell’aggressività sua forza. Sicuramente mi trovo bene con questo modulo, a me piace sempre giocare con un’altra punta vicino, in questo modo posso esprimermi al meglio”.
Il campionato?
“Tutte le partite sono difficili, bisogna tenere sempre alta l’attenzione, lavorare sempre con massima attenzione, con grande intensità per arrivare pronti agli appuntamenti”.
I compagni di squadra che ti hanno impressionato maggiormente?
“Una bella domanda. Ce ne sono diversi. Se proprio devo fare un paio di nomi dico Rover e Casiraghi. Sono quelli che mi hanno impressionato di più vedendoli a 360° sia in allenamento che in partita, ma qui si sono tanti bravi giocatori, oltre che straordinari compagni di squadra”.
A proposito di compagni di squadra, quali sono gli ex che ricordi in modo particolare?
“Quando ero a Bitonto ho giocato con Cosimo Patierno, che ora sta all’ Avellino. Secondo me avrebbe potuto arrivare prima tra i professionisti e ai massimi livelli. E’ un attaccante forte, uno dei calciatori più forti con cui ho giocato nei dilettanti. Poi, ai tempi del Vastogirardi ho avuto come compagni di squadra Cosimo Salatino e Michele Guida, due trequartisti che mi hanno fatto fare tanti gol”.
Il tuo sogno nel cassetto?
“Quello di tutti i calciatori: giocare in serie A e in nazionale, nel mio caso in quella albanese. Ai sostenitori biancorossi dico di accompagnarci con calore e affetto nel corso della stagione. Personalmente cercherò di dare tutto me stesso in campo e continuerò a pensare partita dopo partita, perché questo deve essere un altro punto di partenza. E’ il pensiero di tutti noi quello di pensare in piccolo, di procedere step by step, passo dopo passo, senza fare mai il passo più lungo della gamba. A fine anno si tirano le somme. L’obiettivo però non lo dico, per scaramanzia”.
Perché il numero 33?
“Il 33 lo ha scelto mia sorella tre anni fa quando sono arrivato all’Entella, mi è piaciuto subito, è un numero importante, fa parte del mio destino. Non ho più intenzione di cambiarlo”.