Come si legge su “Gds.it” è bastato leggere alcuni messaggi scambiati con un amico e alcuni post pubblicati sul profilo Tik Tok per convincere il giudice ad aggravare la misura cautelare al minorenne, R. P., coinvolto nella violenza di gruppo lo scorso 7 luglio a Palermo, insieme ad altri sei ragazzi, su una diciannovenne. E’ la stessa notte dello stupro quando il minorenne racconta a un amico quello che è successo quella notte. Senza tante allusioni, ma con descrizioni agghiaccianti, spiega per filo e per segno quello che hanno fatto.
«Lei si è sentita male ed è svenuta più di una volta, troppi cianchi (troppe risate) cumpà. Troppo forte». E ancora: «Manco a canuscievo (non la conoscevo), siamo stati con lei in sette». Successivamente al 19 agosto, quando è stata disposto il collocamento in comunità, il giorno dopo il minore ha pubblicato su Tik Tok alcune immagini con le seguenti frasi: «Chi si mette contro di me si mette contro la morte», «le cose belle si fanno con gli amici».
E poi: «Sto ricevendo tanti messaggi in privato da ragazze, ma come faccio a uscire con voi, siete troppe»; «ah volevo ringraziare a chi di continuo dice il mio nome, mi state facendo solo pubblicità e hype»; «Arriviamo a 1000 follower così potrò fare la live e spiegarvi com’è andata realmente».
Poi aggiunge: «Mi piace trasgredire» e come musica di sottofondo si sente la canzone «Nun se toccano e femmine». Per finire, l’ultima immagine raffigura gli attori del film «Quei bravi ragazzi».
«Tali nuovi e sopraggiunti elementi investigativi – si legge nel provvedimento del gip Antonina Pardo – tratteggiano la personalità di un giovane che lungi dall’aver avviato un percorso di consapevolezza del gravissimo reato commesso (avvalendosi della forza del gruppo ai danni di una giovane donna resa inerme a causa dell’intossicazione da alcol procurata dagli stessi partecipanti alla violenza) avendo ottenuto condizioni di maggiore libertà con l’inserimento in comunità ha continuato a utilizzare il telefono cellulare o altro dispositivo informatico per vantarsi delle sue gesta e per manifestare adesione ai modelli comportamentali criminali».