L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” riporta un pezzo scritto dal giornalista Marco Iaria esperto di aspetti economici nel mondo del calcio e per la rosea cura una rubrica chiamata “sport&business”. In questa occasione analizza i conti del City Football Group.
Quella che gli addetti ai lavori considerano la squadra attualmente più forte del mondo è anche la più ricca. Il Manchester City, trionfatore in Premier League per la quinta volta negli ultimi sei anni e in attesa di disputare le finali di Champions e di FA Cup con il Treble nel mirino, ha registrato ricavi per 731 milioni e profitti per 49 milioni nella scorsa stagione. Nonostante le ombre su sponsorizzazioni fittizie e altre alchimie contabili con tanto di indagine della Premier e ben 115 capi d’imputazione, Mansour bin Zayed, che prelevò il club nel 2008, sta riuscendo in Inghilterra a coniugare risultati e bilancio. Lo stesso non si può dire per le altre squadre acquistate in giro per il mondo.
Il Manchester City è la punta di diamante di una rete globale di club sorta nel 2013 e riunita sotto le insegne del City Football Group, la cui maggioranza appartiene alla Newton Investment & Development dello sceicco emiratino, avendo aperto l’azionariato al fondo statunitense Silver Lake (14,54%) e al consorzio cinese China Media Capital (8,24%). Attualmente ne fanno parte dodici team, di cui due con quote di minoranza: Manchester City (posseduto al 100%) in Inghilterra, New York City (80%) negli Usa, Troyes (100%) in Francia, Girona (48%) in Spagna, Melbourne City (100%) in Australia, Lommel (100%) in Belgio, Montevideo Torque (100%) in Uruguay, Mumbai City (65%) in India, Sichuan (30%) in Cina, Yokohama Marinos (20%) in Giappone e le ultime arrivate: il Palermo (acquisito l’80% per 15,5 milioni) da luglio 2022 e il Bahia (90%) da qualche settimana. Se guardiamo al giro d’affari, il City Football Group ha fatturato nel 2021-22 attorno agli 840 milioni: l’87% arriva da Manchester, poi c’è la franchigia newyorkese della Mls che sfiora i 50 milioni, quindi il club francese appena retrocesso in Ligue 2 (24 milioni). Da segnalare anche la proprietà del CitySoFive, società che introita 10 milioni dalla gestione di centri sportivi negli States.
La profittabilità del gruppo è un miraggio. In 10 anni sono state accumulate perdite consolidate per 850 milioni. Solo nell’ultimo quinquennio si sono polverizzati 600 milioni: nel 2021-22 deficit di 163 milioni dovuto all’aumento delle spese operative e alle limitazioni del Covid, nonostante i 49 milioni di profitti del Manchester City. Una tendenza già presente negli anni precedenti. Ciò significa che le altre squadre dello sceicco sono in profondo rosso. Ma gli andamenti opposti tra il club principale e i suoi fratelli minori lasciano intendere un’altra cosa: le munifiche sponsorship con entità emiratine di cui godono i Citizens non sono replicabili altrove. È vero che i soldi non sono un problema per Mansour. Le finanze del City Football Group possono contare su asset netti per 920 milioni e nel luglio 2021 è stato completato un finanziamento di 550 milioni. Tuttavia, c’è da chiedersi quali siano i motivi per cui un progetto così oneroso venga portato avanti con tale convinzione. In generale, il City Football Group ha un “enterprise value”, sempre secondo Forbes, di 5,96 miliardi di dollari. Il dato è in costante crescita: nel 2019, in occasione dell’ingresso di Silver Lake nel capitale, venne data una valutazione di 4,8 miliardi di dollari. In ogni caso, quando ci si domanda perché gli stati arabi investano così tanto nello sport, e nel calcio in particolare, la risposta scivola sempre sullo stesso punto: geopolitica.