Sibilli, il Bari nel cuore: «Ora una finale da A. Mignani? Privilegiava il gioco d’attesa»
L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” riporta un’intervista a Sibilli il quale si sofferma sul campionato del Bari e parla anche di Mignani.
Giuseppe Sibilli riflette sulla sua stagione recente con una miscela di orgoglio e rimpianto, avendo esperienze significative sia con il Bari che con il Pisa. Per Sibilli, il Bari rappresenta un luogo di formazione importante, non solo a livello professionale ma anche personale, evidenziando un anno ricco di lezioni sia positive che negative.
Il suo ritorno a Bari, dopo le esperienze altrove, è stato segnato da alti e bassi. La stagione è stata difficile, con il Bari che ha affrontato sfide significative, culminando in una salvezza agguantata ai playout, un risultato considerato inadeguato per le aspettative del club. Il cambio di allenatori ha avuto un impatto notevole, passando dallo stile più cauto di Mignani a un approccio più risoluto con Marino e poi con l’arrivo di Giampaolo, il quale ha portato serenità e chiarezza nel gioco.
Giuseppe Sibilli, Bari o Pisa? «Beh, sicuramente Bari che mi ha formato come calciatore e come uomo. Un anno che mi lascia tante cose sia positive che negative contribuendo alla mia crescita».
Tornerebbe sotto la Torre Pendente? «Penso che il mio ciclo sia finito lì. Dopo tre anni in maglia nerazzurra pensavano che non servissi alla causa del Pisa».
E sono saltati fuori 12 gol «Finalmente si sono evidenziate le mie qualità che negli altri anni non erano venute fuori».
Quanto ha influito la sua abilità a sdoppiarsi nel ruolo di mezzala ed esterno? «Non pensavo di poter fare così bene l’esterno di centrocampo. Ci avevo provato in passato ma non è mai stato il mio ruolo. Sono più una seconda punta che un esterno».
A Pisa aveva impiegato tre anni per lo stesso bottino. «Colpa mia, non del ruolo. Che bel mestiere fare il cannoniere. Quando viene bene. Quando invece sono palle in tribuna è una vita d’inferno».
La prodezza più bella? «Contro l ‘Ascoli, presi palla a metà campo facendo sessanta metri, dribbling e gol».
Quella più importante? «Nell’ultima di campionato contro il Brescia con una palla filtrante per Nasti imprendibile per tutti. Un colpo importantissimo. Se ci siamo giocati questi playout è stato soprattutto per quel gol e per quello di Di Cesare nella ripresa. Ma ovviamente non dimenticherò mai il gol alla Ternana che ha lasciato in tutti noi delle sensazioni bellissime, di liberazione. Ero la persona più felice di questo mondo».
Un Sibilli capace di aprire e chiudere la stagione allo stesso modo con due vittorie. «Vero, feci gol sul campo della Cremonese firmando il primo successo del Bari. Era destino che andasse così. Non può essere un caso la prodezza di Valerio il giorno del suo 41esimo compleanno. Non sappiamo quale sarà il suo futuro, ma non è da tutti chiudere con quel gol in semi rovesciata la finale salvezza».
Che stagione è stata?
«Pesante, non ci aspettavamo di andare incontro a tante difficoltà. Sicuramente la salvezza non cancella una stagione così brutta. Una squadra come il Bari non può salvarsi ai playout».
Se l’aspettava questo 3 a 0 a Terni? «Assolutamente no perché non vincevano in trasferta da fine ottobre. Ma sapevo che avremmo fatto una grande partita, avevamo delle bellissime sensazioni già dal giorno prima. Però vincere così una partita che poteva finire addirittura con 4 o 5 gol di scarto è stata la cosa più bella. Vuol dire che loro non sono mai scesi in campo».
Ha iniziato la stagione con Mignani… «Era un Bari poco propositivo, che privilegiava il gioco d’attesa che l’anno scorso aveva prodotto frutti copiosi con giocatori adatti».
Poi è arrivato Marino «La squadra ha fatto anche bene in determinate situazioni ma non siamo stati bravi a sfruttare il doppio vantaggio con la Feralpisalò e ad Ascoli o quello contro la Samp sarebbe stata tutta un’altra storia».
Il blackout con Iachini? «Non l’ho ancora capito, ora avrò tempo per riflettere. Non so perché si siano persi i collegamenti tra lui e la squadra».
Giampaolo stratega e psicologo? «E’ arrivato in punta di piedi. Non era facile ma ci ha messo la faccia dando serenità alla squadra e all’ambiente. Due, tre concetti e via. La squadra ha preso subito consapevolezza dalla gara col Pisa ma era l’ultimo mese e faticava a livello fisico. Secondo me ha fatto un grande lavoro possiamo solo dirgli grazie».
Quei 12 gol potevano valere la serie A. «In un’altra situazione sì, purtroppo non è andata bene. Ma non mi sono mai sentito così protagonista».
Il sogno nel cassetto? «Vincere la B col Bari avendo perso anch’io una finale ai playoff. Sospiratissima ciliegina sulla torta».