Serie C, shock in Brianza: «Bisogna sbranarli, ucciderli, vincere». Sotto accusa il Seregno
L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sul Seregno finito sotto accusa.
La Procura di Monza guidata da Claudio Gittardi sta indagando intorno al Seregno calcio ipotizzando i reati di minaccia e violenza privata. Partiamo dal finale – a oggi – per provare a ricostruire ciò che sta accadendo intorno al club brianzolo che è settimo nel Girone A di Serie C. Perché ciò che sarebbe accaduto lo scorso 12 novembre al campo d’allenamento potrebbe non essere l’unico strascico giudiziario su cui indagare. Quel giorno, secondo la denuncia presentata, due giocatori del Seregno avrebbero aggredito altrettanti compagni. I carabinieri della compagnia di Seregno hanno cominciato a sentire i testimoni dei fatti per ricostruire l’intera vicenda.
La rissa e la separazione Il 12 novembre è anche il giorno nel quale l’ormai ex d.g. Ninni Corda riceve la mail di sospensione di cinque giorni da parte del Seregno «a seguito di incresciosi episodi» che il club sostiene si siano verificati nelle settimane precedenti. «Ho sbagliato ad assumere il signor Corda – spiega al telefono il presidente Davide Erba -. Non mi sono basato sulle etichette perché una persona può anche sbagliare nella vita. Non lo rifarei, mi assumo le responsabilità». Che cosa è successo in quelle settimane che hanno portato alla separazione sarà opera della Procura chiarire. Intanto le accuse sono reciproche, almeno a distanza da un capo all’altro del telefono. «Sono accusato di aver risposto male ai due vicepresidenti che impropriamente mi hanno impedito di svolgere il mio lavoro. Gli insulti? Reciproci». Qualche giorno dopo la mail di sospensione, il Seregno ha inviato a Corda la lettera di licenziamento per giusta causa. Decisione che ha di fatto sospeso con effetto immediato il rapporto di lavoro stipulato sulla base di un triennale firmato l’estate scorsa e che avrebbe portato il matrimonio fino al 2024. «I soldi mi spettano, il presidente Erba vuole sostituirsi a un giudice?».