Serie A. Oggi è il giorno della verità sui diritti tv Sul piatto 900 milioni da Sky e Dazn dal 2024 al 2029
L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sul caso scommesse.
Si concluderà oggi la grande partita con in palio i diritti tv dei prossimi cinque anni di Serie A. O almeno sarà una fase di gara decisiva, con fischio d’inizio alle 11.30 negli uffici milanesi della Lega. Le offerte dei tre broadcaster interessati alla trasmissione del campionato scadono oggi: prendere o lasciare, da domani non saranno più valide. Nel primo caso i club si vedrebbero garantiti da Dazn e Sky almeno 900 milioni all’anno fino al 2029. La percentuale maggiore (700 milioni) da Dazn, che continuerebbe a trasmettere le dieci partite della giornata, sette in esclusiva: in più una royalty importante (pare intorno al 50%) oltre gli 800 milioni di fatturato di Dazn, cifra comprensiva dei ricavi dalla vendita di altri loro diritti. Dazn è disposta ad accettare le richieste dei club anche per quanto riguarda le modalità di pagamento. Altri 200 milioni da Sky per tre co-esclusive, che includeranno molti più big-match rispetto all’accordo attuale. La maggioranza dei club spinge per questa soluzione. L’alternativa porta alla creazione del Canale di Lega. Ci sono sei partner pronti ad accompagnare le società in questo percorso nuovo: Carlyle, Pif, Advent, Oaktree e altri due. All’assemblea parteciperà il notaio Calafiori pronto eventualmente ad aprire le buste con le offerte già in giornata. Possibile anche una terza ipotesi, più complicata: un nuovo bando che permetta di valutare nello stesso momento offerte delle tv e dei fondi, possibilità che oggi non c’è.
Abodi su Gravina Esattamente come le decisioni sui diritti tv, spettano alle Leghe – da Statuto – quelle sulla riforma dei campionati. È quanto ha sottolineato ieri il ministro dello Sport Andrea Abodi, rispondendo anche agli attacchi degli scorsi giorni – in particolare dalla Lega – al presidente Figc Gabriele Gravina: «Roberto Baggio al posto di Gravina? È un gioco al quale non partecipo. Non c’è mai un solo uomo al comando perché le riforme in federazione si fanno con il consenso delle componenti. Nulla può essere fatto perché c’è il diritto di veto in ogni singola lega». Quindi lancia un’idea che rischia con il tempo di diventare qualcosa di più di una provocazione: «Se il sistema non dimostra di essere efficiente con le regole che ci sono è il sistema stesso che deve chiedere aiuto anche con un commissario che cambia le regole in modo più efficiente». Un commissario ad acta per le riforme dunque, non un commissariamento della federazione.