L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sullo scontro tra Asl e serie A in merito alle gare rinviate.
Gli avvocati ci sono abituati: arrivano in aula pronti a discutere una causa, ma il giudice rinvia l’udienza. I calciatori ci stanno facendo il callo, anche se la dinamica è meno lineare. Si presentano in campo, ma se a giudizio della Asl di competenza gli avversari sono in quarantena salta tutto, nonostante la Lega di Serie A sostenga il contrario.
Ieri non si sono giocate quattro delle dieci gare in programma, per intervento delle autorità sanitarie locali: Atalanta-Torino, Salernitana- Venezia, Fiorentina-Udinese. E soprattutto Bologna-Inter, la prima volta in cui una Asl, quella bolognese (Ausl), ha imposto la quarantena alla squadra di casa. I giocatori di Simone Inzaghi lo hanno scoperto mercoledì a bordo del Frecciarossa che li portava in Emilia. Ieri sono scesi in campo e per un’ora hanno giocato fra loro una partitella d’allenamento in cui il terzino Federico Dimarco ha anche rischiato di farsi male. Una scena fantozziana in una sceneggiatura complessiva che non lo è meno. Il Verona di Tudor, nonostante dieci positivi al Covid, ha giocato e vinto alla Spezia. Per sette positivi nel gruppo squadra, l’Asl di Torino ha invece impedito la trasferta bergamasca ai granata. Risultato: sconfitta per 3-0 a tavolino, con la possibilità di fare ricorso, la quasi certezza di vincerlo, e la prospettiva che la partita sarà recuperata. Quando non si sa, il calendario è saturo.
Cinque mesi dopo l’inizio del campionato il consiglio della Lega di Serie A — che ovviamente non può ribaltare le decisioni delle Asl — ha varato un nuovo protocollo sulla gestione dei casi di Covid nei club, in linea con quello della Uefa. Le squadre devono presentarsi in campo se hanno a disposizione 13 giocatori non contagiati, fra cui almeno un portiere: contano anche tutti i Primavera nati entro il 31 dicembre 2003. Col rischio di vedere partite tra campioni strapagati e ragazzini. In Lega c’era chi chiedeva di contare solo chi ha un contratto professionistico, ma alla fine ha prevalso la linea oltranzista. Sostenuta dal presidente laziale Lotito e criticata dal patron del Toro Cairo. Le società che decideranno di non presentarsi, oltre alla sconfitta per 3-0, avranno anche un punto di penalità.
Lo scopo è uno solo: evitare che troppe partite vengano spostate e che Dazn e Sky possano chiedere sconti sui diritti tv, stringendo il cappio intorno al collo dei club. Ma la vera novità è che la Lega andrà subito al Tar contro gli stop delle Asl che giudica «illegittimi»: la mossa con cui confida di potere arrivare senza scossoni a fine campionato. Nel prossimo Consiglio federale, in programma il 21 gennaio, si discuterà il ritorno a una bolla più rigida per le squadre in caso di positività e dell’obbligo della terza dose vaccinale per i calciatori, una necessità sostenuta dall’ad interista Beppe Marotta. Ma il punto centrale è la ricerca di un’intesa col governo per frenare l’arbitrio delle Asl. In questo senso, la Figc ieri ha scritto alla sottosegretario con delega allo sport Valentina Vezzali.
Il ministro per gli Affari regionali, Mariastella Gelmini, ha annunciato per mercoledì una riunione della conferenza Stato-Regioni: all’ordine del giorno c’è «stabilire una regolamentazione uniforme e con criteri precisi» per «garantire la regolarità del campionato e la sicurezza di giocatori e appassionati». Parteciperanno il ministro della Salute Roberto Speranza e Vezzali, che ha proposto di creare una cabina di regia permanente aperta anche ai vertici del calcio, per arrivare alla fine della stagione, a partire dalla prossima giornata. Non sarà facile: il Bologna, vista la quarantena imposta dalla Asl, ha chiesto il rinvio della partita col Cagliari di domenica. Lo stesso potrebbe fare l’Udinese, per cui la Asl ha disposto l’isolamento proprio fino a domenica, giorno in cui è in calendario la sua partita contro l’Atalanta.