L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sulla serie A e sulle nuove regole covid che potrebbero creare non pochi disagi alle squadre.
Il Covid con la sua variante Omicron non dà tregua. All’Italia e quindi anche al calcio. Si cerca di correre ai ripari, prima di tutto spingendo per le vaccinazioni, ma anche cercando di tutelare società e tifosi. È quello che stanno facendo Inter e Juventus, compatte e determinatissime nel chiedere alla Lega Serie A il rinvio della Supercoppa italiana in programma il 12 gennaio a San Siro. Le motivazioni sono chiare. La prima riguarda il rischio di ritrovarsi, dopo le vacanze e con i contagi in continuo aumento (a ieri erano 32 i positivi tra giocatori e staff in A), ad affrontare l’incontro con squadre decimate dal coronavirus, facendo perdere a un match tanto importante il suo reale significato agonistico.
La seconda è dovuta alla capienza dello stadio, ridotta dall’ultimo decreto al 50%. I club avevano scelto San Siro convinti che ci sarebbe stato il meritato pienone (o quasi, visto che comunque il limite era il 75%), mentre questo nuovo taglio andrebbe inevitabilmente a incidere sul guadagno, facendo con ogni probabilità rimpiangere l’ipotizzata sede araba. C’è infine una questione di responsabilità e opportunità: la Supercoppa è infatti il primo torneo stagionale e l’idea era quella di celebrarlo con una grande festa di pubblico, cosa al momento impossibile. I due club vogliono quindi far slittare la sfida verso il finale di questa stagione, sperando in una situazione pandemica migliore della attuale. A valutare la proposta, in caso di richiesta scritta che al momento non è ancora stata inviata, sarà il Consiglio di Lega. Proprio per questo la Lega stessa ieri sera ha diffuso una nota, in cui specifica che «a fronte di rumors apparsi nelle ultime ore, la Lega Serie A conferma che la gara di Supercoppa Frecciarossa resta in programma al 12 gennaio, salvo diverse decisioni che dovesse assumere il Consiglio». Questo non significa che non si andrà incontro alle nuove esigenze delle società, ma che ci sono passi formali da compiere. Di certo c’è che l’Inter, che martedì aveva aperto la prevendita dei biglietti agli abbonati, l’ha almeno momentaneamente sospesa.
Stop ai biglietti. Restando in tema stadi, i nerazzurri non sono stati gli unici a fare un passo indietro sui tagliandi. La riduzione della capienza al 50% ha portato la Juve a interrompere la prevendita per il match con il Napoli del 6 gennaio e quella delle due gare successive; gli stessi azzurri hanno fermato quella per la sfida di Europa League contro il Barcellona e per quelle di campionato contro Bologna e Inter. Lo stesso ragionamento è stato fatto da Atalanta, Inter, Roma, Lazio, Bologna, Samp e Venezia. I giallorossi hanno un problema in più: per il match con la Juve del 9 gennaio erano già stati staccati circa 44mila tagliandi. La capienza dell’Olimpico al 50% è di 33.500 posti: considerando garantiti quelli dei 21 mila abbonati, il club sarà costretto a rimborsare con voucher oltre 10 mila persone.
I no vax. Ma l’ultimo decreto ha fatto emergere un altro delicato problema legato ai giocatori no vax: dal 10 gennaio, dopo le prossime due gare di campionato, gli atleti di «sport di squadra all’aperto» (così come quelli al chiuso o che accedono a piscine e palestre) potranno scendere in campo soltanto se dotati di super green pass, quello che si riceve per vaccino o guarigione avvenuta negli ultimi sei mesi e non più solo con il tampone. In Serie A i non vaccinati sono pochi, il 2%, ovvero tra i 25 e i 30 calciatori. È chiaro però che il valore dell’eventuale “perdita” dipenda anche da chi siano i giocatori in questione. La Roma ad esempio è preoccupata per la presenza di un no vax tra i suoi titolari: la società assicura che lui ci stia riflettendo, ma una certa ansia resta. Sebbene molti club stiano ancora sperando in una definizione del provvedimento che tuteli gli atleti professionisti, il governo non ha intenzione di concedere deroghe. «Non ne faremo, dal 10 gennaio chi non è vaccinato non scenderà in campo, resterà fuori rosa così come accaduto in altri campionati come quello tedesco — ha detto il sottosegretario alla Salute Andrea Costa —. I calciatori devono essere i primi a dare il buon esempio considerando anche il ruolo sociale che ricoprono. Quanto fanno può avere degli effetti benefici importanti sugli altri cittadini e in un momento delicato come questo è una misura assolutamente opportuna. Eventuali deroghe sarebbero un segnale sbagliato. Non è un obbligo vaccinale, ma in realtà di questo si tratta».