L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sull’ennesimo caso di plusvalenze in serie A.
«Gli acquisti e le cessioni riconducibili a tali operazioni in quasi tutti i casi sono stati effettuati a valori non congrui». Con queste parole, si conclude la lunga relazione dei procuratori federali incaricati di indagare sull’ennesimo caso plusvalenze segnalato alla procura e al presidente federale dalla Covisoc nello scorso ottobre. Se 11 delle 62 operazioni messe a fuoco vengono «scagionate», in particolare quelle relative a Pjanic, Arthur, Cancelo e Danilo, sulle altre vengono confermate le distanze fra iscrizione a bilancio e valutazione oggettiva, da Rovella a Portanova, da Audero a Osimhen, meglio al “contorno” di quell’operazione con quattro calciatori venduti dal Napoli a Lilla con quella che viene ritenuta un’iper valutazione.
Chi rischia di più Ma nella relazione si compie un altro passo. Viene scritto infatti che «in alcuni casi tali benefici hanno anche consentito di ottenere la licenza nazionale in assenza di requisiti normativi», un passaggio che moltiplica i rischi per alcune delle società sotto inchiesta. Nell’analisi, in tre casi, quelli di Pescara, Pisa e Parma, viene infatti citata l’«assenza di requisiti per l’iscrizione al campionato 2020-2021». Circostanza che invece non emerge per tutte le altre società che hanno ricevuto l’avviso di chiusura indagini: Juventus, Sampdoria, Genoa, Napoli, Empoli, Pro Vercelli, Novara e Chievo (queste ultime due escluse la scorsa estate dai campionati professionistici). È facile immaginare che la «violazione», se funzionale al conseguimento di un requisito per l’iscrizione, diventerebbe molto più grave. Nel documento vengono anche indicati in pratica come potenziali incolpati dal punto di vista sportivo tutti i membri dei consigli di amministrazione delle società coinvolte (tanto che per la Juve c’è anche Maurizio Arrivabene, il nuovo Ceo, che nell’inchiesta penale non è indagato).
Cifre smontate Al momento siamo soltanto alla fase istruttoria, non c’è stato ancora alcun deferimento, le memorie difensive potrebbero in teoria portare persino all’archiviazione, ma certo la relazione colpisce nel modo chirurgico con cui smonta in molti casi un castello dei valori iscritti a bilancio dalle società. Anche se più volte la giustizia sportiva ha sbattuto la testa sul muro dell’impossibilità di stimare dei parametri oggettivi per la valutazione dei calciatori, viene costruito un modello basato su diverse voci: età, ruolo, carriera sportiva, storia economica dei trasferimenti, contratti durante la carriera sportiva. Secondo la relazione, tanto per fare alcuni dei casi più eclatanti, Rovella (dalla Juventus al Genoa) non valeva 18 milioni ma 6, Moreno Taboada (Juve-Manchester City) e Portanova (Juve-Genoa) 2 e non 10, Audero (Samp-Juve) 13 e non 20, Palmieri 100mila euro e non 7 milioni (Napoli-Lilla). Questo ballo delle valutazioni viene poi sintonizzato su una serie di violazioni sotto il profilo contabile.
Altri club Nella relazione si specifica un altro passaggio importante, quando gli investigatori delimitano il loro compito alle 62 operazioni che figurano nella relazione della Covisoc: «Non si esclude che vi siano anche altre operazioni dello stesso tipo che coinvolgono le stesse società ovvero altri club». Il riferimento è anche a quanto potrà emergere di nuovo dall’indagine «Prisma» di Torino che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di sei dirigenti juventini. L’inchiesta è in corso e finora alla Procura federale sono stati trasmessi solo i due decreti della doppia perquisizione effettuata presso la sede della Juve (e non solo). Però le due corsie giudiziarie, quella penale e quella sportiva, potrebbero intrecciarsi ancora. Non solo: c’è pure un’inchiesta della procura della repubblica di Milano che sta approfondendo il filone Inter. In ogni caso, al di là degli esiti giudiziari, il sistema della plusvalenza facile è sempre più sotto assedio.