Se il calcio non ha memoria, il Parco dei Principi è la reggia degli smemorati
L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sul Psg e sulla bordata di fischi riservata dal pubblicato al Parco dei Principi.
Se il calcio non ha memoria, il Parco dei Principi è la reggia degli smemorati. Ieri i tifosi del Psg hanno coperto di fischi niente di meno che Leo Messi: sette Palloni d’oro in bacheca con quattro Champions League e una sfilza di titoli con cui ha scritto la storia del calcio. Certo, tutti vinti con la maglia del Barcellona e non quella parigina che avrebbe dovuto portare sul tetto d’Europa. E invece, mercoledì, il fuoriclasse argentino ha fallito proprio al Bernabeu, che tante volte aveva umiliato in passato. Un passato di poco valore per i suoi nuovi tifosi, che del passato invece preservano l’indole rivoluzionaria. E non si fanno problemi davanti ai re da ghigliottinare. Come Messi, appunto, salito sul patibolo con Neymar, già sul mercato per i media francesi. Probabile invece che dal club più pazzo del mondo se ne vada Kylian Mbappé. Per lui ieri solo applausi. E non solo per il primo dei tre gol al Bordeaux. Manco a dirlo, però, lo aspettano a Madrid.
Gogna Anche per questo la partita di ieri è stata cadenzata da cori contro i dirigenti. Alla vigilia gli ultrà pretendevano le dimissioni del presidente Nasser Al Khelaifi. Invito esteso al d.s., con striscione dedicato: «Mbappé a Parigi, Leonardo alla gogna». Concetto già espresso un mese fa, evocando il ghigliottinaro Robespierre alla vigilia dell’andata con il Real, bollando i giocatori come «mercenari». A sedare la rivolta ci aveva pensato Mbappé, in gol all’andata (1-0), e anche al ritorno, prima della tragica rimonta (3-1). Forse meno fragorosa di quella del Camp Nou del 2017: 6-1 dopo il 4-0 al Parc. Ma di certo più dolorosa di quella del 2019, con il Manchester United: 1-3 dopo lo 0-2 all’Old Trafford.
Incipit Il tonfo in 17’ al Bernabeu è stato ancora più drammatico perché proporzionale all’entusiasmo suscitato dall’arrivo estivo di Messi. L’argentino però non è mai stato all’altezza della sua storia, e ieri gli ultrà, cui è stato impedito di lanciare rotoli di carta igienica in campo, gli hanno presentato il conto: fischi durante il riscaldamento; fischi all’annuncio della formazione; fischi ad ogni tocco di palla. Anche quando ha dato l’incipit alle azioni dei tre gol. Peggio è andata a Neymar, pure insultato, nonostante il gol del 2-0. Il brasiliano fu trattato peggio nell’autunno 2019, dopo il tentativo fallito di tornarsene al Barcellona, da Messi. Insulti e fischi per mezza stagione, conclusa poi con la prima finale Champions della storia del club.
Progetto Stavolta però il divorzio sembra consumato anche con i vertici pronti a venderlo al miglior offerente, secondo i media francesi. Indiscrezioni da confermare, ma un segnale a Mbappé che per restare chiede un progetto sportivo coerente. Quindi non con Pochettino in panchina, fischiato pure lui e che ieri ha seguito la gara quasi fosse un fantasma. A Doha sembra siano pronti a tutto per convincere Zidane a rinunciare alla Francia, magari con il supporto dirigenziale di Arsène Wenger, ex guru dell’Arsenal. Per ora solo ipotesi, lasciate circolare almeno per placare gli animi.
Repliche Intanto si è indignato Luis Suarez che con Leo e Ney al Barcellona vinse tutto: «Come sempre il calcio non ha memoria. Sempre al vostro fianco». «Una vergogna», ha replicato Fabregas. Smemorati pure loro: in passato Messi fu fischiato dai suoi stessi connazionali, quando non brillava con l’Albiceleste. Con cui però ha finito per vincere la Coppa America, la scorsa estate, da miglior marcatore e miglior fornitore di assist. Lo stesso gli chiedono a Parigi e a Doha, con la Champions. Magari basta solo insistere.