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Scommesse da un milione, la Serie A trema di nuovo. A casa di Fagioli i dubbi del papà: «Dove sono gli agenti quando servono?»

L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sul caso Fagioli e lo scandalo scommesse.

Torna a casa con in mano il sacco del pranzo, comprato in trattoria. Lo fa spesso, dopo mattine di lavoro che cominciano presto e non si sa quando finiscono. «Non dico niente su quello che avrebbe fatto mio figlio. Noni è il momento. Molto di quello che leggo su di lui non è vero, ma se provassi a spiegarlo adesso non mi ascolterebbe nessuno», dice Marco Fagioli, rappresentante di prodotti farmaceutici, papà di Nicolò. Parla di stupore e di fulmini a ciel sereno, eppure pare calmo. «Non lo vedo da domenica. Col senno di poi, posso dire che forse qualcosa lo turbava, ma non immaginavo niente del genere».

Non si è fermato nemmeno un momento, cerca di fare la vita di sempre. «Come mia moglie, lavoro tutto il giorno. Ovviamente siamo vicini a nostro figlio, come lo siamo sempre stati. Ma non possiamo fare miracoli». Quando pensa a quel che è successo a Nicolò, e ad altri giovani calciatori come lui che avevano tutto ma volevano di più, guarda avanti, per evitare che possa accadere ad altri. «I club per tante ragioni non possono stare dietro ai calciatori in tutti gli aspetti della loro vita, né possiamo farlo noi genitori, una volta che i nostri figli diventano adulti e professionisti. Sarebbe utile che fossero i procuratori a mettere in guardia i giovani giocatori rispetto ai rischi a cui vanno incontro. Dovrebbero seguirli e consigliarli, sarebbe prezioso. Dovrebbero aiutarli a capire quali impegni si assumono nel momento in cui firmano un contratto. Così giustificherebbero quel che guadagnano».

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Redazione Ilovepalermocalcio