Scandalo rifiuti a Palermo, l’ira del sindaco: cambiare registro o si passi ai privati
L’edizione odierna de “Il Giornale di Sicilia” si sofferma sullo scandalo rifiuti a Palermo.
La natura pubblica di Rap non può essere un dogma. Visto quella che è accaduto, sommato agli scarsi risultati di pulizia, il sindaco lancia l’aut-aut: 0 sì cambia registro o si muore e ci si rivolge ai privato. Non c’è alternativa. Il disastro mediatico dopo l’inchiesta sui 101 furbetti, il disastro dei rendimenti aziendali, il disastro di Bellolampo, il disastro generale delle aziende partecipate manda su cotte le furie Roberto Lagalla. Che dice. ora basta. Si sa chele società partecipate sono la palla al piede del Comune, addirittura rischiano di mandare a carte quarantotto il piano di riequilibrio per i loro bilanci instabili. Ma Lagalla va oltre esichiede:
«Ma come può essere competitiva un’azienda che costa al contribuente 120 milioni e dal riciclo riesce a recuperare meno di 1,9 milioni, cioè l’uno per cento? Come può essere competitiva una società che scopre che 101 suoi dipendentisi sottraggono a ogni forma di controllo e di dovere?» Il primo cittadino è un fiume in piena nella sala Martorana di Palazz0 Comitini, temporanea sede del Consiglio, convocata originariamente per relazionare sugli incendi di questa estate che hanno messo a ferro e fuoco la città, non si lascia sfuggire l’occasione di commentare l’indagine che ancora una volta mette nell’occhio del ciclone la parrcecipara di piazzetta Cairoli. Ed è l’occasione pertirare unalinea, quasi a volere lanciare un ultimatum.
L’Aula rimane in silenzio mentre Lagalla snocciola dati drammatici. Soprattutto perla prospettiva aziendale. «Io ho il massimo rispetto per la pubblica natura per un’attività. ma ancora di più peri cittadini – esordìsce il sindaco -. Quindi quello che voglio dire è questo: o la Rap decide definitivamente di diventare azienda oppure non possiamo più andare avanti così. Non ci possiamo più permettere le scene degli anni passati. O c’è una inversione di tendenza oppure dovremmo ripensare la natura pubblica di Rap e di altre partecipate».