L’edizione odierna della “Gazzetta dello Sport” riporta un’intervista realizzata all’attaccante del Palermo Andrea Saraniti. Ecco e sue parole:
«Le critiche non mi preoccupano, soprattutto quelle da tastiera. Ho le spalle larghe. E poi, aggiungo: a Palermo sono stati criticati Toni e Cavani, figuriamoci se non criticano Saraniti». All’inizio non è stato facile? «No, ma non mi deprimo facilmente. Infatti col tempo, grazie ai compagni, è uscito il vero Saraniti e ci si è ricreduti». Si dice che per un palermitano sia difficile giocare nel Palermo. È così? «Non mi sono posto mai il problema in questi termini: io sono felice e orgoglioso di difendere i colori della mia città. Non sono venuto certo per fare il profeta in patria, anche perché non sono Totti. Vivo questa situazione in maniera tranquilla, dando sempre il massimo in campo e fuori».
Quasi finito il girone d’andata, il Palermo decimo e lei 4 gol. Facciamo un bilancio? «A livello personale mi do la sufficienza: potevo fare qualcosa in più. La squadra: il gruppo è nuovo e abbiamo avuto tanti problemi. Certamente bisogna fare meglio, ma credo che avremmo meritato qualche punto in più».
Cosa vi è mancato? «Qualche vittoria. Abbiamo lasciato punti per strada, penso a Bisceglie, Viterbese o Turris. Però resto ottimista, perché il nostro è un gruppo solido guidato da uno staff preparato. Risaliremo, arriveremo ai play-off e magari anche in una buona posizione. I conti alla fine». Ternana e Bari inarrivabili? «Nulla è impossibile e io ne sono la prova vivente, perché dopo una retrocessione in D ho vinto 2 campionati di C e uno di B. Dobbiamo pensare a noi stessi e tirare fuori tutto il nostro potenziale. Magari davanti cominciano a perdere colpi, mai dire mai, insomma».
Il fatto che non abbiate perso contro le prime significa qualcosa? «Significa che il Palermo ha valori e qualità. Non ci resta che fare meglio contro quelle squadre con cui non siamo riusciti a vincere e invece avremmo dovuto farlo».
Il miglior Palermo, a suo giudizio, quando si è visto? «Col Catania. Eravamo solo in 11, ma ci siamo compattati diventando una specie di testuggine romana. E siamo stati sfortunati nel risultato. Noi siamo quel Palermo, non lo abbiamo sempre dimostrato, ma il vero Palermo deve essere quello».
Una partita che vorrebbe rigiocare? «Sempre col Catania. Quel gol sbagliato sull’1-0 non mi fa dormire la notte. Mi sento in debito…».
Col pubblico sugli spalti, sarebbe stato un campionato diverso? «A Palermo la mancanza dei tifosi si avverte, anche se i nostri ci danno sempre il loro sostegno, come in occasione del derby, per esempio, quando ci hanno incitato per tutto il percorso che ci ha portato dall’albergo allo stadio».
Con Lucca che rapporto ha instaurato? «Avendo lo stesso ruolo e 10 anni in più, cerco di aiutarlo con qualche suggerimento, così come faccio con tutti i giovani. Lorenzo è un cucciolone. Sia bravo a stare sul pezzo. Può fare tanto, ma non ha fatto nulla». Per chiudere: l’addio di Di Piazza può in qualche modo avere ripercussioni sulla squadra? «Non credo proprio. I nostri riferimenti non cambiano: abbiamo sempre avuto a che fare col presidente Mirri, con Sagramola e Castagnini. E loro continuano ad esserci».