Sampdoria, Lanna: «Retrocessione una morte sportiva. Nostro destino dipende da altri»
L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sulla Sampdoria e riporta le parole del presidente Marco Lanna.
Ecco le sue parole:
«Io non sono solo il presidente o un ex calciatore.Io sono un tifoso. Fossi libero di scegliere, andrei nella Sud, anche se dalla tribuna si vede meglio. Come sto? Distrutto, frastornato, oltre che tremendamente dispiaciuto per la nostra gente, che non ha mai smesso di cantare nemmeno a Udine, che ci ha sostenuto tutto l’anno, che non ci ha mai contestato. Oggi pensavo a Paolo Mantovani e alla sua famosa frase sui sostenitori: fino a quando canteranno, la Sampdoria non avrà mai problemi. Quante ragioni aveva. Dato il momento, aggiungo: sopravviverà a tutto. Ecco, lo scriva. Per il futuro sono preoccupato, ma una certezza c’è: con tifosi così, questo club non morirà mai. Serie B? Cosa vuole che le dica? Era annunciata in un certo senso, eppure non ci si abitua mai. E’ come la morte, non si è mai preparati. E questa è una sorte di morte sportiva, anche se le attenuanti sono tante e le difficili condizioni in cui si è lavorato sono sotto gli occhi di tutti. La retrocessione è un gigantesco pugno nello stomaco. Un macigno sul cuore, un peso che mi porterò dentro per tutta la vita».
«Intanto sono il presidente della retrocessione, purtroppo è così. Come persona non amo prendermi meriti, sono sempre molto critico con me stesso. Forse si poteva fare di più e meglio, è tutto il giorno che ci penso. Certo, un po’ di entusiasmo si è ricreato, ce n’era bisogno, se non altro questo mi consola. Diventato presidente ho pensato: quanti passaggi in macchina da calciatore ho dato ai tifosi, prendendoli a Bogliasco e portandoli in centro? Ecco, per me la Sampdoria deve essere questa, non un fortino, un bunker, ma una città aperta. E attenzione, lo dico ora che siamo in serie B e temiamo una sorte ancora peggiore: questa società così ha potenzialità enormi, con la sua maglia, i suoi colori, il brand, il suo nome conosciuto all’estero, la sua storia, ma anche la sua atmosfera famigliare. Sospiro dicendolo: se qualcuno ci credesse, in pochi anni questo club può diventare un gioiellino. Ventimila spettatori ogni partita, con una squadra ultima in classifica. Quanti sarebbero stati avessimo vinto un po’ di più? Avessimo potuto rinforzare per davvero la squadra, senza essere costantemente sul filo dell’equilibrio, con le casse vuote e l’impossibilità di programmare? Le rispondo come membro del Cda: abbiamo fatto di tutto per creare condizioni favorevoli ad un acquirente, purtroppo non abbiamo noi in mano le redini del gioco. Il destino dipende da altri. Noi abbiamo apparecchiato la tavola, ora però qualcuno deve venire a mangiare».