L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sulla Sampdoria e riporta un’intervista a Pietro Accardi.
Pietro Accardi, ex difensore della Sampdoria e ora direttore sportivo del club, è al centro del progetto di rinascita della squadra blucerchiata, impegnata nel difficile compito di tornare in Serie A. In una recente intervista, Accardi ha raccontato il suo percorso e le sfide che ha affrontato da quando ha assunto il ruolo di dirigente.
È soddisfatto della squadra che ha costruito?
«Di indole non sono mai soddisfatto, però penso che il lavoro fatto sia importante visti i presupposti. Non andava costruita solo la squadra, ma tutta la struttura sportiva».
Cosa non andava con Pirlo?
«Lo stimo come allenatore e come persona, ma visto quello che abbiamo costruito ci aspettavamo qualcosa di diverso. Gli abbiamo dato la rosa completa al 95% prima del via e quindi credevamo in un’altra partenza, con un’identità più chiara».
Perché non cambiare prima?
«La proprietà lo conosceva e mi ha detto di provare, ma poi si fanno delle valutazioni e si vedono le partite. In B serve altro, serve più fame: i nomi non bastano, bisogna creare uno spirito ed essere umili».
Per questo c’è Sottil?
«È preparato, conosce la B e, oltre ad avere idee chiare, ha anche fame. Le sue squadre sono sempre state toste. Ci aspettiamo una Samp così».
Quanto conta avere davanti due top come Coda e Tutino?
«Dice sempre Galliani che gli attaccanti vanno presi con l’almanacco, perché i gol li fanno sempre gli stessi. Loro sono una certezza, però conta quanto riusciranno a fare giocando di squadra».
E quanto conta avere quasi 20mila abbonati?
«È bellissimo, così aumenta la nostra responsabilità nei confronti di questa gente. Ma non avevo dubbi su di loro».
Con l’Empoli ha vinto due volte la B da dirigente: ha capito come si fa?
«L’unica cosa da fare è lavorare e creare un ambiente unito. Le difficoltà sono tante, le superi solo diventando una famiglia e costruendo una chiara identità».
Lei è di Palermo: sono loro i vostri primi rivali?
«Siamo le due squadre con la pressione maggiore. Sulla carta sono tante le candidate, ma con la carta non si vince».
Anche qui, come a Empoli, ha preso molti giovani.
«Possono sbagliare, come Vismara a Salerno, ma se li sostieni le qualità vengono fuori: lui stesso s’è ripreso la scena con il Bari. E poi con i giovani si può creare patrimonio per il futuro».
Non è stato un mercato semplice, visti i vincoli imposti dalla Figc…
«No, non è stato semplice. Sapevo che sarebbe stato difficile, e una volta dentro ho capito cosa ci aspettava. Ma le difficoltà sono un’opportunità: conta l’atteggiamento con cui si affrontano, avevamo le idee chiare e abbiamo risolto tutto, andando a step».
Qualche società s’è lamentata dicendo che non avete rispettato i paletti.
«Se le operazioni sono andate in porto, è perché abbiamo agito secondo le regole: se no non avremmo potuto tesserare nessun calciatore».
Gli obblighi di riscatto nei primi mesi del 2025 saranno comunque una bella botta… «È tutto calcolato, in futuro avremo anche le entrate di alcune cessioni».
Dalla promozione in Serie A o meno può dipendere il futuro della Sampdoria? «No, abbiamo una proprietà forte che ha investito quasi 70 milioni da quando è arrivata e che vuole continuare a investire, è tutto già pianificato. Certo, sentiamo la responsabilità del traguardo e ci impegniamo al massimo».
Quindi questo della Samp non è un all-in?
«Assolutamente no».