Sagramola: «Del protocollo FIGC sulla ripresa penso che per i dilettanti sia più difficile attuarlo. Lo Stato ha interesse che il calcio…»
Rinaldo Sagramola, ad del Palermo, è intervenuto in diretta ai microfoni di TMW Radio nel corso della trasmissione Stadio Aperto. Di seguito alcune delle sue parole: «Cosa penso del protocollo FIGC sulla ripresa? Ho detto che noi saremmo nelle condizioni di poter adempiere, ma abbiamo anche la consapevolezza che non molte campionati tra i dilettanti potrebbero farlo. Per questo attendiamo con forte interesse di capire come la federazione vorrà considerare le classifiche maturate a inizio marzo. Non vogliamo risalire alle spalle degli altri, è tutto tranne che sportivo. Semplicemente bisogna spostare i termini per per avere idee chiare, ma la realtà è che vogliamo ancora capire dove si va a parare. C’è poi un interrogativo cui non ho mai sentito dar risposta: dopo 40 giorni di domiciliari, i nuovi positivi da dove e come escono? Perché non ce lo dicono? Ormai è più di un mese che siamo tappati in casa, eppure ogni giorno c’è un mare enorme di nuovi contagiati. In conferenza eppure non la sento questa domanda… Qualcuno magari presto potrà soddisfare il mio interrogativo, anche perché se non ci fossero risposte sarei preoccupato. Secondo me oggi chi ha responsabilità, deve dare un contributo per capire come si potrà ripartire, a prescindere dal periodo. Il virus non lo sconfiggiamo stando a casa, evitiamo solo di congestionare la sanità pubblica, ma saremo sempre a rischio finché non ci sarà un vaccino. Che si debba ripartire è un dato di fatto, altrimenti si muore di fame, ancor di più se ripartono i paesi che sono nostri competitor internazionali. Possiamo anche ripartire a dicembre, ma poi dobbiamo capire cosa succede al primo calciatore che verrà trovato positivo al primo controllo. Lo stesso discorso vale per gli operai: che fai, fermi la catena di montaggio? Questo è lo sforzo che serve capire, come ricominciare a vivere pur con il virus in circolo. Il calcio è un movimento che crea tanto lavoro, non è solo per quei ventidue che scendono in campo. Lo Stato ha interesse che vada avanti quel business che paga oltre un miliardo di imposte l’anno e dà lavoro alle figure lavorative più disparate».