Sabatini: «Fatemi tornare, sono ancora il migliore»
L’ex direttore sportivo del Palermo, Walter Sabatini, ha raccontato il suo legame viscerale con il calcio in un’intervista rilasciata ad Andrea Pugliese per la Gazzetta dello Sport. Una conversazione intensa e profonda, in cui Sabatini ha ripercorso i momenti salienti della sua carriera, analizzato l’attuale Serie A e condiviso le sue riflessioni sul ruolo del direttore sportivo, sempre più messo in discussione dalla nuova cultura manageriale americana.
Sabatini, che definisce il calcio come il suo ossigeno, non nasconde il desiderio di tornare a far parte del gioco, dichiarandosi pronto a rispondere a qualsiasi chiamata. Nelle sue parole c’è spazio per l’analisi del campionato, con l’Atalanta tra le possibili sorprese, ma con l’Inter favorita per qualità e profondità della rosa. Non manca un paradossale elogio alla Juventus, una squadra che, pur faticando a trovare la porta, riesce sempre a imporre il proprio gioco.
Quanto le manca il calcio? «Molto, tanto quanto mi manca l’ossigeno. Per me il calcio è sempre stato questo. Ma vedo tutte le partite che posso. Certo, è una surroga: per vivere bene il calcio serve un po’ di paura, che vivi solo se sei coinvolto direttamente. Dovesse arrivare una chiamata sarebbe il miglior antibiotico possibile».
Perché scommettere ancora su Walter Sabatini? «Le rispondo con la mia solita arroganza: perché sono ancora il migliore. Solo che l’avvento della cultura americana, dello scouting fatto dai presidenti sta facendo perdere quota al ruolo del direttore sportivo. Ma un DS fa tante cose, è il vero mediatore di ogni situazione psicologica, non solo tecnica. Per gli americani siamo una figura invadente».
Che campionato sta vedendo? «Meraviglioso: tante squadre competitive e sorprese finali assicurate. L’Atalanta può vincere il titolo, squadra forte e consapevole. Deve solo evitare di diventare prigioniera della scaramanzia: la parola scudetto si può nominare e ci si deve credere».
Atalanta favorita, dunque? «No, la più competitiva resta l’Inter, per qualità e rosa. Ma poi succedono cose inaspettate, come la resurrezione del Milan prima della caduta di Bergamo. Il Napoli è forte: non condanno la scelta di Conte di cambiare tutto in coppa, i gruppi si tengono anche così. La Juve? Un paradosso: mi piace, è un po’ farraginosa, fa fatica a trovare la porta, ma la partita la fa sempre. Presto comincerà a rosicchiare punti. Koopmeiners finora è stato una comparsa, Douglas Luiz non lo considererei neanche più. Il miglior giocatore è Cambiaso: fortissimo, ma è preoccupante che sia lui l’uomo squadra. E poi mi piace molto anche ciò che stanno facendo Fiorentina, Lazio e Bologna».
Errori e gioie della sua carriera? «Errori tanti, come quando ho lasciato l’Inter, accettando condizioni che non avrei mai dovuto accettare. La salvezza della Salernitana mi ha reso fiero, perché ho reso felice una città. Certo, poi quando rivedo la Roma di Nainggolan, Salah, Dzeko, Totti, De Rossi, Strootman e Pjanic resto imbabolato e un po’ frustrato. Era una squadra pazzesca, con un professore come Keita».
A Pellegrini cosa consiglierebbe? «Mi sorprende questo malumore nei suoi confronti. Ma a Roma sono stati contestati tanti giocatori e sono tutti sopravvissuti. Succederà anche a lui, che presto tornerà a far vedere le sue qualità».
Per chiudere, dovesse arrivare una chiamata? «Partirei, subito. Sono un uomo di calcio e morirò di calcio, fino all’ultimo dei miei giorni».