Federico Ruffo, il giornalista di “Report” che ha indagato sui tentativi di infiltrazione della ‘ndrangheta nella curva della Juventus e dei rapporti tra società e ultras, intervistato da il “Fatto Quotidiano” ha parlato del tentato attentato che ha subito. Queste le sue dichiarazioni: «In Italia si può toccare tutto tranne il tifo? Questo è il pensiero che ho avuto subito. In tanti anni tra Report e Presadiretta mi sono occupato di moltissimi argomenti, ma una roba del genere non mi era mai successa. Il problema però adesso non è tanto che tu non possa toccare le curve, ma l’odio che sprigiona la gente quando si parla di calcio, il tifo rende legittima ogni cosa. Sui social mi scrivono persone che si augurano che la ‘ndrangheta completi il lavoro, gente dispiaciuta perché mi sono salvato, altri che mi dicono di non speculare sul tentato incendio perché la mafia non si scomoda certo ‘per una merda’ come me. In questo momento per fortuna mi sento protetto dalle forze dell’ordine e dall’azienda, ma più che la violenza fisica mi spaventa l’odio delle persone: non se ne andrà e non ho modo di difendermi, ogni volta che scriverò qualcosa, che ci sarà il mio nome su internet, dovrò fare i conti con questi attacchi assurdi, per lo più da parte di tifosi juventini. Io sono juventino da sempre. È assurdo che quei tifosi se la prendano con me per fatti che riguardano la curva, la malavita e la dirigenza. Non voglio certo sostituirmi a chi farà le indagini, ma mi viene da pensare che possa esser stato qualche fanatico e non una banda organizzata. Cinque anni fa feci un’inchiesta sul calcioscommesse, ma non ci furono reazioni violente, forse perché riguardava squadre meno importanti della Juventus. Già da quando annunciammo l’inchiesta, che sarebbe andata in onda dopo qualche settimana, io e Sigfrido Ranucci abbiamo ricevuto minacce, soprattutto sui social. All’inizio rispondevo cercando di far ragionare le persone, poi mi sono accorto che era del tutto inutile, erano persone che non avevano alcun interesse a capire».