Secondo quanto riporta “Il Messaggero”, l’hanno ribattezzato l’apecovid. E ci scherzano su, i ragazzi, appoggiati alle loro microcar tirate a lucido dopo mesi in garage: «Come fai a bere un moscow mule con la mascherina?». E le distanze? «A Ponte Milvio siamo tutti congiunti: ci conosciamo da anni». E dire che ci provano i titolari di bar e locali, follemente pieni di gente questo weekend, a far rispettare le regole: cartelli e camerieri a controllare gli ingressi. C’è chi si rifiuta di servire da bere ai clienti che non indossano la mascherina e chi chiude prima della mezzanotte per evitare assembramenti, a discapito dei guadagni.
Serve a qualcosa? Senza un controllo rigido delle forze dell’ordine (e a tutte le ore) forse no. «E’ una situazione totalmente ingestibile – dice Brando Serra dell’associazione commercianti – Tantissimi, soprattutto giovani, fanno finta che le regole non ci siano. Ma noi non possiamo metterci a fare gli sceriffi e fa rabbia pensare che per qualcuno rischiamo tutti». Perché le regole, invece, esistono e non rispettarle significa correre il rischio di tornare indietro quando l’aperitivo era solo virtuale ma a nessuno ora va più di rincontrarsi in videochat.