Robinho e lo stupro: la cassazione conferma i 9 anni. Nodo estradizione

L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sulla vicenda giudiziaria che coinvolge Robinho.

Il fischio finale è arrivato dalla Corte di Cassazione: Robinho, ex attaccante del Milan tra i protagonisti dell’ultimo scudetto rossonero nel 2011, dovrà scontare nove anni di reclusione per stupro di gruppo su una donna che ai tempi del fatto, nel 2013, aveva 23 anni. Il verdetto della Cassazione ha reso definitiva la condanna emessa dal Tribunale di Milano nel 2017 e poi dalla Corte di Appello, tre anni dopo. Il ricorso dei legali dell’attaccante brasiliano, che puntavano sulla consensualità del rapporto, è stato respinto. Confermata anche la condanna per Ricardo Falco, amico del calciatore e altro imputato nel processo.

I fatti Gli abusi risalgono al 22 gennaio del 2013, in una discoteca di Milano dove la vittima, una ragazza albanese che festeggiava il compleanno, fu violentata nel guardaroba del locale. Secondo le indagini, Robinho, l’amico e altre quattro persone avrebbero «abusato delle condizioni di inferiorità psichica e fisica della persona offesa che aveva ingerito sostanze alcoliche, con modalità fraudolente, consistite nell’offrirle da bere al punto da renderla incosciente e incapace a opporsi». Quindi i rapporti sessuali senza il consenso della ragazza, che le carte definiscono «molteplici». Robinho, che nel 2014 lasciò il Milan tornando al Santos dopo 4 stagioni in Italia, ha sempre negato, insistendo sul fatto che il rapporto fosse stato consensuale. Ma la tesi non è stata accolta. Anche perché agli atti risultano alcune telefonate dell’ex Milan e Real che ricostruiva la notte dello stupro così: «Sto ridendo perché non mi interessa, la donna era ubriaca, non sa nemmeno cosa sia successo».

Futuro «I fatti sono stati provati in primo grado, confermati dalla Corte di Appello e ora la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dagli imputati. Per noi giustizia processuale è stata fatta –, ha dichiarato l’avvocato Jacopo Gnocchi, legale di parte civile –. Ora il punto è capire cosa vorrà fare il Brasile: confidiamo che tuteli le vittime e non i colpevoli». Robinho può essere estradato in Italia? Alcuni esperti brasiliani in legge ricordano che la Costituzione del Brasile più recente, promulgata nel 1988, vieta l’estradizione di cittadini brasiliani all’estero pur se condannati in ultima istanza com’è avvenuto per Robinho. L’ex milanista però potrebbe forse scontare la pena nel suo Paese. «Ci sono alcuni requisiti: che il condannato sia brasiliano e risieda in Brasile, che la pena sia superiore a un anno, che il fatto sia considerato reato anche in Brasile, che ci sia stato un processo, come è appena successo in Italia, e che esista un trattato o una promessa di reciprocità con tale Stato – ha spiegato Davi Tangerino, avvocato brasiliano specializzato in diritto penale –. Lo Stato italiano deve informare formalmente lo Stato brasiliano. Ed è anche necessario che il nostro Superiore Tribunale di Giustizia confermi questa sentenza straniera. Una volta terminate queste fasi, la sentenza viene applicata rigorosamente dalla giustizia federale brasiliana». Ad ottobre del 2020, Robinho aveva già firmato un contratto con il Santos per tornare nel club in cui era cresciuto. Ma la società fece marcia indietro anche in seguito alle campagne social contro il giocatore, oltre alle posizioni di alcuni sponsor, che minacciarono di lasciare il club se l’attaccante fosse stato ingaggiato. Robinho accettò la risoluzione del contratto.