Rivista Undici: “Ecco Dario Mirri al Palermo. «Sono il custode di un bene collettivo»”
La “Rivista Unidici” dedica spazio al Palermo, partendo dal passato fino ad arrivare alla rinascita odierna. Di seguito viene raccontato l’arrivo dell’attuale proprietario Dario Mirri:
“Quest’estate, Dario Mirri è passato in poche settimane dall’essere un tifoso del Palermo a esserne il presidente. Imprenditore nel settore della pubblicità, ha preso in mano le macerie lasciate da Maurizio Zamparini per ricostruire la squadra, facendola ripartire dai dilettanti. Tra le altre cose, Mirri è nipote di Renzo Barbera, il Presidente: quello a cui è intitolato lo stadio, quello degli anni d’oro – e qui non si parla di risultati, visto che i migliori verranno appunto con Zamparini, prima del disastro annunciato –, quello che dopo la finale del ’74 premiò comunque i suoi calciatori come se avessero vinto. Ecco, secondo il presidente Mirri – che con un understatement un po’ enfatico preferisce dirsi «il custode di un bene collettivo», e per dimostrarlo si è tenuto il posto da abbonato tra i tifosi comuni in gradinata – prima che una squadra, a Palermo bisogna ricreare “un’identità”. Per trent’anni – ben prima di Zamparini dunque, che arrivò nel 2002 – non c’è stata secondo lui un’osmosi tra il club e la città: chi scendeva in campo non rappresentava veramente Palermo, che a sua volta ha ripagato la squadra allontanandosene, a dispetto dei grandi numeri del tifo arrivati con l’entusiasmo della Serie A: c’era infatti nelle vittorie, meno nelle sconfitte. E soprattutto, il tifo – quel tifo – sembrava sempre pronto a farsi scivolare addosso il peso emotivo delle cose, quando non andavano più. La questione, in due parole, del doppio tifo, che a Palermo non è mai finito: me lo ricordo quand’ero bambino, nei primi anni Novanta, c’era prima e sarebbe rimasto anche dopo, quando a 8 anni, in fondo, non saresti stato costretto a sognare Van Basten o Baggio o Del Piero, perché avevi Toni, Cavani, Pastore – non certo un paragone, ma insomma non ci si doveva aggrappare alle prodezze di Barraco o ai gol di Scarafoni, come toccava a noi”.