L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” ha realizzato un’intervista a Carlo Rivetti, il nuovo proprietario del Modena.
Se pensate che la semplicità – al giorno d’oggi – sia la forma più rivoluzionaria per essere speciali, ecco Carlo Rivetti, classe ‘56 (9 settembre), per tutti Mister Stone Island, per chi lo conosce uno… avanti, nel calcio il nuovo proprietario e presidente del Modena dal 27 maggio tramite la holding di famiglia Rivetex. «I miei dipendenti quando escono dall’azienda spengono tutte le luci. Come capita a ognuno di noi nel momento in cui esce dalla propria casa. Ambiente famigliare, ecco quel che piace a me». E si parte da qui. Ma la storia di Carlo Rivetti – un sano visionario della vita – dentro il calcio comincia da lontanissimo. Dal 1924.
Rivetti, se potesse idealmente chiedere un consiglio al suo nonno Enrico Marone Cinzano che fu presidente del Torino e che costruì il Filadelfia, che domanda avanzerebbe?
«Come… cavolo hai fatto a far costruire uno stadio? Ma capisco, era un’Italia diversa… Sa come divenne presidente? Questa non l’ho mai raccontata: fu una scommessa fatta con Agnelli su chi avrebbe vinto prima lo scudetto. Vinse mio nonno. Insomma: gli chiederei come si fa a mantenere una società sana e vincente».
Lei, la sua famiglia e il calcio: radici antiche, vincenti e profonde.
«Vero. Mia figlia Camilla ha anche giocato, ma non l’ho mai vista perché non voleva… Con il marchio Facis fummo sponsor della nazionale campione del mondo nel 1982. Ci stavamo guardando intorno ed è arrivata l’occasione di incontrare Romano Sghedoni, un vero gentiluomo: il Modena era perfetto per noi, per la volontà mia e della mia famiglia di rendere qualcosa a questo territorio che ci ha dato tanto come imprenditori».
Ama il Modena ed è simpatizzante dell’Inter: giusto?
«Prendere il Modena era un sogno, e non è una frase fatta. Noi di famiglia amiamo il calcio: io e i miei figli Matteo, ad del club, Silvio e Camilla stessa. Sono tifoso del Modena e simpatizzante dell’Inter, confermo. Io e Matteo per 25 anni abbiamo avuto l’abbonamento ai nerazzurri».
Il suo presidente di riferimento per fare calcio?
«Massimo Moratti. Era ed è un signore, cosa che in questo mondo non è esattamente super-normale. E’ un esempio anche perché è riuscito a non demordere andando a vincere».
Lei ha giocato a calcio?
«Ero un centravanti, alla Inzaghi, facevo quei gol così, si dice di rapina, un po’ bastardelli, di furbizia. Ricordo che con la nazionale della Bocconi andammo a giocare a Parigi. Se dopo andammo a divertirci? Prima, non dopo: andammo nella zona rossa. Siamo arrivati terzi…».
Perché il Modena?
«Modena è diventata la mia casa, dove ho costruito la mia fortuna e dato corpo ai miei sogni. E ci sono persone meravigliose con le quali lavorare. Ne prendo uno, Tesser: ci siamo incontrati e nonostante avesse altre offerte, di quelle prendibili subito, ha aspettato la mia scelta. E questo, per me, vale molto, più di ogni altra cosa. Io vengo da Torino: a Torino si fanno le macchine, a Modena i sogni. Voglio portare Modena nel mondo».
Partendo da?
«Dal togliersi dalla categoria in cui siamo. Dobbiamo vincere, uscire dalla Serie C e costruire: un settore giovanile importante e possibilmente un centro sportivo, la nostra casa».
Rivetti è un presidente interventista?
«No, coordinativo. Se c’è da cazziare la squadra? No, lo devono fare i dirigenti: ho una struttura bella e funzionale, fatta di gente perfettamente consona alla situazione. Se ne deve occupare questa mia struttura: io coordino. Se scendo nello spogliatoio è per motivare».
Lei è innamorato del calcio.
«Lo sono. Sa quante partite dell’Inter e quante finali di Champions da appassionato ho visto? Un’infinità. Ero a Madrid coi nerazzurri ma anche all’Heysel: da quel giorno c’ho messo 2 anni a tornare allo stadio. Amo la cultura del derby più bello al mondo, quello di Milano: i tifosi entrano allo stadio mischiati. E’ un’immagine esemplare».
Lei e la famiglia Squinzi col Sassuolo, poi Saputo col Bologna, Tacopina con la Spal e Krause a Parma: è possibile creare una Calcio Valley, stile Motor-Valley, tutta emiliana?
«Questa è una idea che mi piace, che voglio portare avanti. Una bellissima idea per la quale vorrò trovare sviluppi».
I tifosi le hanno chiesto in quanti anni porterà il Modena in A?
«Non ancora, ma ripeto che intanto dobbiamo toglierci dalla Serie C. Quando dico che voglio portare Modena nel mondo penso anche a due cose. La prima: in Inghilterra mi apprezzano molto e vorrei portare la gente qui a godere delle gioie emiliane, che sia la casa di Enzo Ferrari come dell’aceto balsamico o la pasta. E quando faremo il Modena-shop non sarà solo merchandising: assieme ai gadget, a chi verrà da fuori, vorremmo dare prodotti modenesi».
Le piace la Var?
«Detto che ho grande fiducia nell’arbitro, sì, e spero presto di raggiungerla in Serie B».
Se lei fosse un tifoso del Modena, abbonato in curva: qual è la prima cosa che vorrebbe vedere dalla sua squadra?
«Potrei rispondere “di farmi divertire” o “di vedere buon calcio”. Tutte c…, tutte balle. Di portarci in B. Di vincere».