Rinaudo: «Palermo, Osti è un amico. De Sanctis? Non era solo colpa sua»

Nel suo intervento pubblicato oggi sul Giornale di Sicilia, Leandro Rinaudo, ex direttore sportivo e figura storica del Palermo, analizza la situazione attuale del club rosanero dopo l’esonero di Morgan De Sanctis e l’arrivo di Carlo Osti.

Intervistato da Massimiliano Radicini, Rinaudo esprime il proprio punto di vista sull’instabilità gestionale che ha caratterizzato l’ultima stagione e sottolinea quanto il cambio di un direttore sportivo, da solo, non possa essere sufficiente per risolvere i problemi strutturali della squadra.

Rinaudo, il Palermo ha cambiato dopo appena sei mesi il direttore sportivo De Sanctis, che l’aveva sostituito alla scadenza del suo precedente contratto con il Palermo. Adesso è arrivato Osti. Che direttore sportivo è?
«Con Carlo c’è un ottimo rapporto, lo considero un amico, c’è sempre stata stima reciproca. È una persona perbene, equilibrata e intelligente anche sotto il punto di vista culturale. Credo che possa dare un contributo importante in questo momento così delicato al Palermo, data la sua grande esperienza».

Cosa può portare il cambio di un direttore sportivo?
«Non si può pensare di dare tutta la responsabilità a lui per sistemare le cose. Qualcosa che è andata male, molto male, c’è stata. Le responsabilità non possono essere date a una persona che è subentrata, ma allo stesso tempo dico anche che non possono essere date alla persona, in questo caso De Sanctis, che è stato esonerato dopo così poco tempo. Troppo semplice in questo modo».

Tra le motivazioni dell’esonero di De Sanctis ci sarebbe anche quella relativa alla gestione. Lei conosce bene il gruppo, che idea si è fatto?
«Nei miei due anni di gestione ho sempre avuto un atteggiamento autoritario per il mio ruolo, ma allo stesso tempo ho sempre rispettato e messo nelle condizioni giuste i giocatori di poter fare il proprio lavoro, tant’è che continua ad esserci da parte loro stima nei miei confronti. Nel calcio ci vuole bastone e carota, ma soprattutto, ci vuole una cosa: la credibilità e quando quella viene un po’ a mancare, cade tutto il castello».