Rezza (Iss): “Il fattore temporale ha salvato il meridione dalla pandemia “
“Il virus è entrato in Lombardia, probabilmente già prima del blocco dei voli da Wuhan. E lì si è diffuso in un periodo di picco influenzale: almeno inizialmente è stato molto difficile da diagnosticare. Poi si è trasmesso principalmente per contiguità, senza compiere salti a distanza, se non per qualche cluster ben circoscritto in Veneto, a Rimini e verso le Marche. Quando l’epidemia si è diffusa in tutta Italia e sono nati dei focolai al Sud, le autorità erano già preparate. l provvedimento di distanziamento sociale ha ostacolato il virus al Meridione prima che potesse diffondersi nelle stesse misure del Nord, dove circolava da parecchio tempo. Sì, c’è stata qualche catena di trasmissione a Roma, una città molto popolosa. Alcune catene si sono viste nelle Rsa, le residenze per anziani: ma quando il virus è arrivato davvero, i provvedimenti di distanziamento sociale erano stati già presi. Il fattore temporale ha salvato il Meridione. No, assolutamente. Il virus ha dimostrato di colpire principalmente le aree più produttive, come il Nord Italia: semplicemente perché ci sono più contatti tra le persone e più spostamenti quotidiani legati a un mondo del lavoro frenetico. Anche l’aspetto della densità abitativa ha inciso. Ma le variabili sono tante, senza dimenticare il fattore della casualità, sempre presente nelle epidemie. Quando il virus circola, anche se circola poco, va a creare focolai di un certo rilievo nei luoghi chiusi: le principali catene di trasmissione si sono verificate nelle famiglie e negli ospedali. Le Rsa hanno personale che spesso si muove da una struttura all’altra e ospiti che spesso vengono mandati in ospedale per determinate cure: questi sono stati gli elementi che hanno facilitato la creazione dei focolai in determinati luoghi sensibili. Abbiamo notato, nel periodo successivo all’esodo, catene di trasmissione intrafamiliare al Sud avvenute in seguito all’arrivo di un elemento del nucleo dal Nord. Al di là di qualche focolaio di questo tipo, fortunatamente la situazione non è degenerata. E parte del merito va anche ai governatori regionali che hanno istituito delle zone rosse laddove ce n’era bisogno: a memoria ne ricordo quattro nel Lazio, cinque in Campania, e anche in Calabria e Sicilia. Isolare i piccoli territori più colpiti ha funzionato. La Campania preoccupa più delle altre semplicemente perché è tra le più popolose, con un’alta densità abitativa e dove ci sono più contatti tra le persone. Molto dipenderà dalle misure che si prenderanno e da quanto la popolazione le rispetterà. È difficile fare scenari perché, fin quando non ci sarà un vaccino, il virus circolerà. Non ce ne libereremo. Se si mollasse con le precauzioni, basterebbe poco tempo a trasformare Bari in una grande Codogno. Bisogna tenere molto alta la guardia, il distanziamento sociale ha dimostrato di riuscire a contenere il contagio e bisogna continuare su questa strada. Anche quando ci sarà la cosiddetta fase 2, occorrerà muoversi con cautela: la politica dovrà trovare un equilibrio tra la necessità della ripresa economica e la salvaguardia della salute pubblica. Il distanziamento sociale dovrà continuare”. Queste le parole di Giovanni Rezza, capo del dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di Sanità, rilasciate ai microfoni di “Open” in merito all’emergenza Coronavirus.