Repubblica: “Zoro, una vita in prima linea. «Lotto i razzisti e aiuto i giovani»

L’edizione odierna di Repubblica parla dell’ex calciatore Zoro. In Italia è stato uno dei primi simboli di una battaglia, quella contro il razzismo, che ancora oggi si combatte quotidianamente con risultati poco incoraggianti – si legge -. Era il 27 novembre del 2005, Messina-Inter. Il difensore ivoriano Marc Andrè Zoro, stanco dei continui ululati e dei ripetuti fischi a sfondo razzista non rilevati dall’arbitro, prese in mano il pallone minacciando di abbandonare il terreno di gioco e fu indotto dall’allora centravanti dell’Inter Adriano a proseguire l’incontro nonostante le offese del pubblico interista.
Oggi Zoro è in Costa d’Avorio. Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo ha da poco avviato un progetto con lo stato ivoriano per promuovere l’attività sportiva nelle scuole, ha realizzato un’accademia calcistica per giovani e, sulla scia di tanti campioni dello sport africano come il suo connazionale Didier Drogba, è un esempio di filantropia vera. «Sono passati ormai 15 anni da quel mio gesto – ricorda Zoro – ma la situazione in Italia non credo sia migliorata purtroppo. Io non mi sono mai pentito, mi stavano insultando e fischiando continuamente, quando appena una settimana prima era stato preso di mira Coly del Parma. E dunque ho pensato che fosse necessario un gesto forte in quel momento. Contro l’ignoranza della gente. Poi, però, negli anni successivi anche altri ragazzi di colore hanno subito episodi di razzismo, da Muntari a Boateng, passando per Eto’o, Balotelli, Kean e Lukaku. Ma del resto in Italia lo stato e la federazione non hanno mai combattuto veramente il razzismo, dato che persino Cecile Kyenge, ex ministro per l’integrazione, da un suo stesso collega è stata definita una scimmia». Per lui 3 gol in 74 partite in serie A, 4 gol in 106 presenze in serie B, 2 gol in 18 gare di Coppa Italia, 3 partite in Champions League e 4 in Europa League: «Sono arrivato in Italia nel 1999 – racconta – quando avevo 16 anni. Giocavo in Costa d’Avorio per strada, nel mio villaggio vicino Abidjan. Mi ha scoperto Raffaele Novelli, un osservatore della Salernitana, che mi propose subito al presidente Aliberti. Bastò un solo provino. I ricordi sono bellissimi, ho vissuto a Salerno un’adolescenza fortunata grazie a persone stupende come Luca Fusco, allora capitano, che poi ritrovai anche al Messina. E proprio in Sicilia sono diventato uomo». Sullo Stretto Marc ha conquistato anche la nazionale, con cui ha realizzato anche 2 gol in 28 partite. Ma l’Italia lo ha cambiato: «Da bambino sognavo di diventare calciatore, ma mai avrei pensato di potercela fare davvero. Cagni, Oddo, Mutti e Zeman, che dal primo momento ha creduto in me a Salerno, sono gli allenatori che porterò sempre nel cuore. Dei miei ex compagni mi sento spesso con Fusco, Coppola e Di Napoli, ma ho bellissimi ricordi di tutti, da Storari a Zaniolo, passando per il mio capitano Sasà Sullo, una grandissima persona». E la sua nuova vita è ricca d’impegni e lo soddisfa pienamente: «In Costa d’Avorio dallo scorso anno sto portando avanti un progetto con lo Stato per promuovere lo sport a scuola. Qualsiasi attività, non solo il calcio, dal basket al volley, passando per l’atletica e le arti marziali. Nel frattempo sono riuscito a creare un’accademia per giovani calciatori su 10 ettari di terreno, per i ragazzi dagli 11 ai 16 anni, e cerco quotidianamente organizzando tornei, eventi e manifestazioni di togliere i bambini dalla strada. L’unica droga che devono conoscere i ragazzi è lo sport. E l’amore ovviamente». Anche a distanza, Marc è sempre attento alle sorti del calcio a tinte giallorosse. Non smetterà mai di ringraziare l’Italia e spera di tornarci presto: «Vedere il Messina in serie D è molto triste. In Sicilia ho lasciato tanti amici che spero di rivedere presto». E lancia un appello: « Il razzismo è un cancro da combattere. La cosa che fa più male è vedere allenatori, presidenti e dirigenti giustificare azioni e comportamenti che sono ingiustificabili. Il calcio è un fenomeno di aggregazione, di unione, di pace. Non certo di odio e violenza».