“Zamparini e la partita a scacchi con le procure…”

“Una partita a scacchi iniziata ormai venti mesi fa fra il proprietario del Palermo Maurizio Zamparini e le procure di Palermo e di Caltanissetta. Una sfida a colpi di perquisizioni, istanze di fallimento, richieste di misure cautelari a cui il patron friulano ha risposto con le dimissioni dalla carica di presidente prima e dal consiglio d’amministrazione poi, con cambi del cda rosanero, con la nomina di un presidente di “garanzia” per scongiurare il fallimento e con diversi annunci della vendita della società arrivati poco prima o poco dopo le azioni dei magistrati. Un tempismo perfetto, figlio della strategia difensiva di Zamparini ma anche di presunte soffiate da parte di magistrati e professionisti su cui pende l’indagine della procura di Caltanissetta. L’ultima mossa è stato l’annuncio di ieri della vendita del Palermo. L’advisor ha confermato di aver concluso la cessione del club, ma nel comunicato ribadisce di non aver firmato ancora alcun documento. Un annuncio che arriva due giorni dopo il deposito delle motivazioni del tribunale del Riesame che ha accolto il ricorso della procura sugli arresti domiciliari per Zamparini e dopo le notizie filtrate da Caltanissetta sull’indagine per corruzione. Il Riesame lo ha ritenuto capace di reiterare i reati economici di cui è accusato, anche senza avere cariche nel club. Una mossa che in molti hanno letto come il tentativo di scongiurare la misura cautelare su cui ora pende il pronunciamento della Cassazione. Stesso copione ha utilizzato il 30 settembre, cinque giorni prima del pronunciamento del Riesame sul suo arresto. Anche in quel caso arrivò l’annuncio dell’imminente vendita a Ponte che sarebbe dovuto diventare presidente il 26 ottobre. Già lo scorso maggio è andato in scena il più delicato dei botta e risposta fra Zamparini e magistrati. Il 3 maggio il patron friulano si dimette da ogni carica nella società, dopo aver lasciato la presidenza nel marzo del 2017. Rimane proprietario del club ma si toglie dal consiglio d’amministrazione. Una scelta che precede di pochi giorni la decisione del gip sulla richiesta di custodia cautelare avanzata dalla procura. Da quanto si apprende a fine aprile l’allora presidente Giammarva raggiunse Zamparini in Friuli per avvisarlo di un possibile imminente “attacco” della magistratura. Anche in questo caso il togliersi da ogni carica e ruolo operativo poco prima di un atto giudiziario suonò come un tentativo di limitare i danni. Più indietro nel tempo nell’elenco delle mosse difensive di Zamparini c’è la stessa nomina di Giammarva come presidente del club, formalizzata il 10 novembre 2017. Una scelta che Zamparini definì dettata dalla necessità di mettere un uomo di garanzia alla guida della società, ma che venne anche letta come una mossa per allentare la pressione dei magistrati nell’indagine che in quel momento rischiava di travolgere lui e il Palermo. Nomina che in procura interpretarono come tentativo di disinnescare il rischio di fallimento ma che invece ebbe il solo risultato di accelerare la presentazione dell’istanza di fallimento depositata sette giorni dopo”. Questo quanto scrive l’edizione odierna de la “Repubblica” parlando della cessione del Palermo e dell’indagine della procura di Caltanissetta nei confronti di Zamparini.